di Katia Regina - Ché poi, è assolutamente normale avere paura della povertà. La paura, in quanto minaccia, è un'emozione essenziale per la nostra sopravvivenza. Per meglio comprendere questo concetto abbiamo chiesto al neo ministro Azzeccagarbugli di illuminare la questione con il suo stile semplice e diretto:
La tematica della povertà, da sempre oggetto di indagine speculativa da parte dei filosofi, si rivela un enigma ontologico di non facile decifrazione. Già Aristotele, nel suo monumentale Etica Nicomachea, ci avvertiva circa la complessità della eudaimonia, intesa come realizzazione piena delle potenzialità umane, e ci indicava nella carenza di beni materiali un ostacolo non indifferente al conseguimento di tale stato. Un'eco di questa riflessione la ritroviamo in Hobbes, il quale, nel suo Leviatano, ci descrive uno stato di natura precario e violento, in cui la penuria di risorse genera un homo homini lupus, spingendo gli individui a una perenne competizione per la sopravvivenza. Rousseau, dal canto suo, ci invita a riflettere sul ruolo perverso delle disuguaglianze sociali, generate dalla proprietà privata e causa di un'alienazione che incide profondamente sull'autentica natura umana. Le analisi marxiste, incentrate sullo sfruttamento capitalistico, ci offrono un'interpretazione materialistica della povertà, evidenziando come le disuguaglianze economiche siano il prodotto di una struttura sociale fondata sull'alienazione e sulla reificazione del lavoro. Bourdieu, con il suo concetto di habitus, ci fornisce una chiave di lettura più complessa, sottolineando come la posizione sociale di un individuo sia il risultato di un processo di incorporazione delle strutture sociali, che si manifesta nelle pratiche, nelle preferenze e nelle disposizioni durature degli agenti.
Bene. Ora è ben chiaro a tutti (sic!) perché è normale avere paura della povertà.
Ciò che non è normale invece è prendersela con i poveri! Considerarli colpevoli per la loro indigenza: migranti, barboni, mendicanti, fruitori di sussidi sociali,.. tutti colpevoli senza alcun processo, in quanto portatori di stigma riprovevole.
Una lotta senza quartiere. Con tanto di leggi fatte ad hoc. Via i sussidi con l'accetta, sostituiti con altre formule gestite da algoritmi impietosi. Un chiaro esempio di un certo sadismo nel formulare le nuove agevolazioni per sti maledetti poveri la si coglie nel bonus una tantum chiamato amabilmente Dedicata a te: una carta per gli acquisti di prima necessità dell'importo di 500 euro. Ebbene, quale mente contorta può aver immaginato che lavarsi non rientri tra le necessità dei poveri? Vietato acquistare prodotti per la pulizia! Perché si sa, se sei povero devi essere pure sporco. La discriminazione si spinge ben oltre quando stabilisce pure cosa puoi mangiare: vietato l'acquisto di pesce surgelato, ma quello fresco puoi comprarlo, anche se costa il doppio. Niente sale, perché fa male, si sa. Puoi liberamente fare benzina o spostarti coi mezzi pubblici pagando con la carta, una concessione dettata dalla speranza che almeno il fruitore si muova alla ricerca di un lavoro e smetta di fare la bella vita grazie ai sussidi.
Odiano i poveri ancor più della povertà! È ormai evidente, e pur di allontanare dalla vista quanti la incarnano, non si bada a spese. Deportare la disperazione fuori dalle patrie terre è la nuova formula voluta dal governo che si ispira al Pensiero solare, simbolo di forza, virilità e superiorità. Un ordine cosmico, una visione gerarchica e ordinata della realtà, dove ogni elemento ha il suo posto e la sua funzione, e non c'è posto per chi è rimasto ai margini.
Consiglio per la lettura mirato al neo ministro della cultura: Italo Calvino, SAGGI 1945-1985 (a cura di Mario Barenghi), Arnoldo Mondadori Editore. Per comprendere meglio cosa si intende per antilingua.
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