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19/11/2024 00:00:00

Messina Denaro, Andrea Bonafede nega le accuse ma dice: "Siamo tanti gli attori di questa storia"

 Messina Denaro: Andrea Bonafede nega le accuse e parla del “garage-alcova” di Mazara

Andrea Bonafede, operaio comunale di Campobello di Mazara e figura chiave nel periodo in cui Matteo Messina Denaro era in cura all'ospedale Abele Ajello, si è difeso dalle accuse durante un interrogatorio tenutosi il 19 ottobre. Davanti ai magistrati Paolo Guido e Gianluca De Leo, Bonafede ha negato ogni coinvolgimento diretto nel favoreggiamento del boss, pur riconoscendo il suo ruolo di “attore” in una vicenda complessa.

Le chiavi del “garage-alcova”
Uno dei punti centrali dell’interrogatorio è stato il ritrovamento di chiavi nella macchina di Bonafede, una delle quali apriva un garage a Mazara del Vallo, descritto come una sorta di “alcova” in uso al latitante. “Sono sicuro al 100% che non avevo quelle chiavi,” ha dichiarato Bonafede, aggiungendo: “Se era un’alcova, perché avrei dovuto avere io la chiave del cancello? Quelle chiavi potrebbero aprire un qualsiasi lucchetto o cancello, non necessariamente quel garage.”

Le indagini hanno rivelato che sia Bonafede sia Rosalia Messina Denaro, sorella del boss, possedevano chiavi di garage situati in via Castelvetrano, riconducibili ai fratelli Caradonna. Uno dei locali era stato trasformato in un piccolo appartamento. “Non avevo motivo di avere quelle chiavi,” ha ribadito Bonafede, lasciando intendere che il loro ritrovamento potrebbe essere stato male interpretato.

Rapporti con Massimo Gentile
Tra le figure coinvolte nel processo emergono Cosimo Leone, tecnico di radiologia, e Massimo Gentile, architetto. Quest’ultimo è accusato di aver fornito documenti a Messina Denaro per l’acquisto di una Fiat 500 e una moto BMW. Gentile, però, sostiene che i documenti gli siano stati sottratti da Bonafede durante un periodo in cui quest’ultimo lavorava per la sua azienda agricola.

Bonafede ha respinto con forza queste accuse: “Non è vero. Non ho mai sottratto documenti a Gentile. Ho avuto in uso una fotocopia per regolarizzarlo all’Inps quando raccoglievamo le olive. Questo è vero, ma i documenti per la moto e l’auto risalgono a prima di quel periodo.”

Pur difendendolo, Bonafede non ha escluso che Gentile possa essere stato raggirato: “Non credo fosse a conoscenza di tutta questa situazione. Magari era ignaro di quanto accadeva.”

Un caso ancora aperto
Il verbale dell’interrogatorio è ora parte del processo che vede imputati anche Cosimo Leone, ritenuto il contatto interno all’ospedale, e Leonardo Gulotta, accusato di aver messo a disposizione il suo numero di cellulare per le comunicazioni del boss.

La vicenda, che ruota attorno alla cattura e alla rete di fiancheggiatori di Matteo Messina Denaro, resta ricca di punti oscuri. Come ha dichiarato lo stesso Bonafede: “Siamo tanti gli attori di questa storia, ma molte cose restano ancora da chiarire.”