Un’importante operazione congiunta dei Carabinieri forestali del Centro Anticrimine Natura di Palermo e della Direzione Distrettuale Antimafia (DDA) della Procura di Palermo ha portato al sequestro preventivo di beni e mezzi appartenenti a 16 persone fisiche e 6 aziende coinvolte in un’organizzazione dedita al traffico illecito di rifiuti. Le accuse riguardano la partecipazione a un’associazione a delinquere finalizzata alla raccolta, gestione e smaltimento illegale di materiali speciali, sia pericolosi che non pericolosi.
Alcamo al centro dell’indagine
L’operazione ha avuto il suo fulcro ad Alcamo, ma si è estesa a diverse località della provincia di Palermo, tra cui Partinico, Bagheria, Borgetto, San Giuseppe Jato e il capoluogo. L’indagine, avviata nel febbraio 2019 e conclusa nel dicembre 2020, ha svelato un sistema criminale strutturato per gestire illecitamente rifiuti speciali, eludendo controlli e norme ambientali.
Rifiuti gestiti illegalmente e metodi operativi
L’organizzazione si occupava della raccolta e gestione di materiali come batterie al piombo, parti meccaniche di veicoli, apparecchiature elettroniche, rottami metallici e imballaggi, molti dei quali provenienti da aziende non autorizzate e privi dei Formulari di Identificazione dei Rifiuti (F.I.R.). I rifiuti venivano trasportati verso impianti non autorizzati, miscelati senza alcun trattamento e rivenduti come materiali ferrosi non pericolosi, garantendo guadagni illeciti.
Profitti e sequestri
Secondo le stime investigative, il gruppo avrebbe gestito illegalmente oltre tremila tonnellate di rifiuti, ricavando un profitto di circa 300mila euro. Nel corso dell’operazione sono state sequestrate due aziende, 16 autocarri utilizzati per il trasporto illecito e somme di denaro per un totale di 153mila euro. Gli impianti sono stati affidati a un amministratore giudiziario per garantirne la gestione sotto il controllo delle autorità.
Impatti ambientali e rischi
Durante i sequestri, in uno degli impianti coinvolti sono stati trovati 300 metri cubi di rifiuti pericolosi: autoveicoli non bonificati, plastiche, vetri, apparecchiature elettroniche, oli esausti e morchie. Questi materiali erano in parte già confluiti nei canali di scolo delle acque piovane, causando un evidente rischio per l’ambiente. L’impianto operava senza alcuna autorizzazione per il trattamento di tali rifiuti, in violazione delle normative ambientali.