Surreale il dibattito che in questi giorni si scatena sulle risorse destinate agli agricoltori e in particolare ai viticoltori. Non intendo entrare nel merito di quantificare se le cifre stanziate siano “tante” o “poche”. Tuttavia, il dato di fatto è lampante: sono trascorsi due anni dalla “peronospora” e viene da chiedersi quale imprenditore sarebbe riuscito a sopravvivere a un'attesa simile.
È inaccettabile continuare a definirsi “strenui difensori degli agricoltori” mentre questi vengono illusi e abbandonati. Come diceva Che Guevara, “la vera rivoluzione è dire la verità”. Abbiate quindi il coraggio di essere onesti: diteci chiaramente che i soldi non ci sono, oppure che ci sono ma saranno destinati ad altro. Assumetevi la responsabilità delle vostre decisioni senza nascondervi dietro alibi che non convincono più nessuno.
Questa non è e non deve diventare una guerra tra agricoltori e altri settori economici. È, invece, una questione di scelte politiche e di visione. Servono decisioni coraggiose, guidate da una strategia chiara e concreta, che vadano oltre le soluzioni di facciata che richiamano modelli ormai superati.
Ma non meno gravi sono le responsabilità dei sindacati, troppo spesso inclini a compiacere la politica di turno lisciandone il pelo piuttosto che chiedere con forza assunzione di responsabilità, sia alla maggioranza che all'opposizione, senza infingimenti. In questi giorni leggo di proposte di aumento del capitale sociale, di intervenire sugli interessi passivi delle cooperative agricole senza fare una distinzione tra aziende, insomma a pioggia come si faceva una volta.
Non è una ipotesi da abrogare all’origine o di quanti denari servono, ma è illusorio credere che ogni euro immesso nelle cantine sociali si traduca automaticamente in un beneficio diretto per i soci conferenti. Continuare a fare riferimento a teorie economiche superate significa ignorare il dinamismo del mercato odierno e le nuove sfide che esso pone. Senza una governance credibile, trasparente e appropriata, nessun aumento di capitale potrà funzionare. Al contrario, rischierà di trasformarsi nell’ennesimo spreco di risorse pubbliche, soprattutto se queste arriveranno attraverso i canali regionali.
Ecco perché siamo stanchi e delusi. Ecco perché molti non vanno più a votare, diventando apatici e indifferenti a ciò che accade. Questo scollamento profondo tra chi governa e chi produce, tra la politica e gli agricoltori è la radice del declino di un intero settore e, forse, del sistema stesso.
Grazie per la consueta ospitalità.
Con stima,
Dott.Ignazio Aurelio Marino