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05/01/2025 06:00:00

Quale il senso di continuare a parlare di cultura oggi qui?

 Caro Direttore buon inizio anno a Lei e alla sua redazione,

con questo primo contributo chiedo un suo pensiero magari per provare ad alimentare non dico un dibattito, ma quanto meno un sussulto su temi a noi cari (spero).

A giorni il nostro Presidente della Repubblica sarà in Sicilia per inaugurare l’anno di Agrigento Capitale Italiana della Cultura, ed è stato sufficiente un maldestro cartello stradale per diventare notizia di cronaca sul Corriere della Sera e non solo; Paolo Di Paolo in una lettera a Dagospia muove i suoi ragionamenti sull’industria dell’editoria dal milione di lettori in meno in Italia rispetto al 2023 e considerato che la nostra isola è già malmessa su questo fronte, direi che l’orizzonte non si prospetta roseo.

Quale il senso di continuare a parlare di cultura oggi e ai nostri paralleli? Quale il senso di provare tra molte difficoltà a sollecitare un tracciato quasi piatto?

Avremmo una occasione unica nel prossimo biennio ovvero Agrigento/Gibellina e due titoli da onorare in nome della nostra storia e di quello che siamo, e questo lo considero un lavoro di squadra eccellente aver prodotto dossier in grado di vincere in un consesso nazionale, eppure la sensazione netta (sperando di sbagliare) è che tutto ciò non servirà a scuotere le nostre comunità i nostri politici gran parte del sistema formazione_leggi la scuola_: troppo tempo si è perso per riuscire a costruire una classe dirigente che potesse indicare una strada, che facesse da esempio chiaro e senza compromessi per modelli futuri. Leggendo in coda di anno poi quanto deliberato dall’ARS tra prebende e altro, si comprende che il merito in larga parte è partito per destinazione ignota - fronte cultura et similaria - e questo annichilisce ogni forma di residuo entusiasmo in chi ancora abbia voglia di proporre (evito di citare Cetto Laqualunque per rispetto sacro dei lettori); la Cultura è di tutti (il nuovo saggio di Paola Dubini e Christian Greco per Egea editore) in assoluto potrebbe essere vero come pensiero ma nella migliore delle ipotesi forse è utopia e sta bene così, sarebbe ma non è se ci fossero per i più strumenti adatti, ma lavoriamo male.

Mi piacerebbe iniziare l’anno con numeri diversi, con proposte serie e programmate, con passi lunghi e ben distesi ma so già che di questo nulla ci potrà essere, il disinteresse è talmente diffuso e tangibile che meriteremmo un adesivo ad hoc da parte del WWF.

Non servirà il Barbero di turno o una classic star com’è stato Ramin Bahrami ad invertire il corso delle cose, sembra quasi che ci si compiaccia di come stiamo e questo fa male.

Che si fa, caro Direttore? Ci mettiamo sull’argine del fiume e aspettiamo che qualcosa accada? Magari un giornale come il suo potrebbe sostenere pensieri e posizioni così da capire come tornare a vedere un po’ di luce, e resto sempre dell’idea che la critica anche la più dura sia sempre per costruire e mai per distruggere.
Per un nuovo corso, per tornare a sperare con idee e progettualità, che si possa tornare a credere che un libro una mostra uno spettacolo possa in una giovane mente essere dirimente in fase di scelte future.
Mi affido ad un motto “Honi soit qui mal y pense”, e ad un conforto di parole per tornare a sperare che quanto fin qui fatto non sia stato inutile.

giuseppe prode

p.s. perdiamoci pure nei vicoli di un cretto purché se ne esca tutti con una nuova forza e voglia di fare, è proposta e auspicio per un anno che sarà e che in larga parte dipenderà anche da noi