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24/01/2025 17:05:00

 Messina Denaro: si indaga su altri interventi chirurgici durante la latitanza

Matteo Messina Denaro, il superlatitante deceduto il 25 settembre 2023 all'età di 61 anni, potrebbe aver subito ulteriori interventi chirurgici oltre a quello documentato agli occhi in Spagna. È quanto emerge dalle indagini ancora in corso sulle vicende mediche del boss mafioso, morto per un tumore al colon nel reparto detenuti dell'ospedale San Salvatore dell'Aquila.

Secondo gli inquirenti, Messina Denaro si sarebbe sottoposto ad almeno altri due interventi chirurgici durante i suoi anni di latitanza, ricorrendo a identità false. Uno di questi è avvenuto all'ospedale Abele Ajello di Mazara del Vallo e l'altro presso la clinica La Maddalena di Palermo, entrambi dichiarati sotto il falso nome di "Andrea Bonafede", il geometra di Campobello di Mazara che ha prestato la sua identità per coprire i movimenti del boss.

Le autorità stanno cercando di ricostruire dettagliatamente i ricoveri e gli interventi, ma finora nessuno degli operatori sanitari coinvolti si è fatto avanti con gli organi di polizia giudiziaria o con la procura. "L'omertà lo protegge da vivo e da morto", ha commentato il pubblico ministero Gianluca De Leo della Direzione distrettuale antimafia di Palermo, durante la requisitoria nel processo contro Alfonso Tumbarello, il medico di base accusato di aver prescritto i certificati necessari per consentire al boss di ottenere le cure spacciandosi per Bonafede.

Secondo le dichiarazioni dello stesso Messina Denaro, in passato si sarebbe sottoposto ad altri due interventi chirurgici: uno per emorroidi e l'altro per un'ernia. Tuttavia, rimane ancora ignoto chi abbia eseguito queste operazioni e in quali strutture siano avvenute. Questi episodi, insieme alle cure ricevute per il tumore negli ultimi anni, sono ora oggetto di approfondite indagini da parte degli inquirenti.

Le vicende mediche del boss continuano a sollevare interrogativi sul livello di protezione e complicità di cui ha goduto per oltre trent'anni di latitanza, nonché sulle responsabilità degli operatori sanitari che potrebbero aver avuto a che fare con lui senza denunciare la vera identità del paziente.