Il riutilizzo sociale dei beni confiscati richiede un serio sostegno finanziario da parte dei comuni che sono proprietari e primi responsabili dei beni. In particolare la gestione agricola dei beni confiscati comporta un notevole impegno economico da parte dell’ente gestore. Senza l’aiuto dello Stato e delle amministrazioni locali si rischia il fallimento. Si rinnova quindi l’invito agli amministratori degli enti locali (comuni, province, regione) di creare un congruo capitolo di spesa all’interno del bilancio annuale destinato “ai beni confiscati e alla educazione alla legalità”. Alcune amministrazioni pubbliche non danno alcun sostegno economico agli enti del privato sociale che gestiscono i beni confiscati. Questo è un fatto grave e che dovrebbe far riflettere sulla loro efficace responsabilità nel gestire la cosa pubblica.
Non possiamo più permettere che i beni confiscati (immobili, terreni, altri strumenti) già nel pieno possesso dei comuni, rimangano inutilizzati per anni o, peggio ancora, siano qualche volta pressoché in “uso” a parenti-“amici” dei soggetti incriminati per associazione mafiosa. Si tratta, in alcuni casi, di un vero e proprio “pugno allo stomaco” verso i cittadini e verso gli operatori della Magistratura e delle forze dell’ordine che tanto si adoperano per la nostra sicurezza e libertà.
In alternativa alla ipotesi di vendita dei beni confiscati si propone: l’affidamento diretto tramite la Prefettura competente (dal Demanio all’ente privato, con durata almeno trentennale) ad enti del privato sociale che abbiano dato prova concreta di affidabilità e di pulizia “morale” nel gestire altri beni confiscati.
Il Governo nazionale, tramite il coordinamento e la supervisione del Commissario straordinario per la gestione e la destinazione dei beni confiscati ad organizzazioni criminali, crei un apposito Fondo per sostenere gli enti che gestiscono i beni".