"I commercianti, gli imprenditori e i magistrati italiani non solo le uniche vittime delle organizzazioni criminali come Cosa nostra, la Camorra, la 'Ndrangheta e la Sacra corona unita - scrive Rsf nel suo rapporto - Giornalisti e scrittori italiani sono, anch'essi nella loro linea di mira, dato che espongono al pubblico le loro azioni". Il testo cita in particolare i casi di Roberto Saviano, "costretto a vivere sotto protezione di polizia permanente", Lirio Abbate dell'Ansa di Palermo e Rosaria Capacchione, cronista del Mattino di Napoli che "da oltre 20 anni segue e denuncia i crimini della Camorra".
Non manca, inoltre, un riferimento critico al presidente Silvio Berlusconi, che "a novembre 2009" ha "minacciato di 'strangolare' gli autori di film e libri sulla mafia, che secondo lui davano una cattiva immagine dell'Italia". Tra i 40 Nemici della libertà di stampa elencati da Rsf compaiono numerosi capi di Stato di repubbliche ex-sovietiche, tra cui il presidente bielorusso Alexander Lukashenko, o di regimi dittatoriali come la Corea del Nord, l'Iran e Myanmar. Numerose anche le organizzazioni terroristiche o paramilitari, dalle Farc in Colombia all'Eta spagnola, alle milizie private filippine.
INFORMAZIONE: A MILANO IL RICORDO DEI CRONISTI UCCISI
Nella giornata che l'Onu ha dedicato alla libertà di informazione l'Unci (Unione nazionale cronisti italiani) ha voluto ricordare a Milano tutti i giornalisti uccisi dalle mafie, dal terrorismo ma anche quelli morti all' estero dove erano andati per raccontare gli orrori delle guerre.
A trent'anni dall'omicidio di Walter Tobagi, il giornalista del Corriere della Sera ucciso dalle Brigate Rosse, è toccato alla figlia Benedetta, autrice tra l'altro del libro 'Come mi batte forte il tuo cuore', ricordare la figura del padre, impegnato nel sindacato a difesa anche dei giornalisti più giovani senza visibilità . "Mio padre - ha spiegato Benedetta Tobagi - era un giornalista molto conosciuto e i terroristi lo hanno ucciso anche per la sua visibilità . Spesso penso a quei giovani giornalisti uccisi dalle mafie. Molti erano sconosciuti e mio padre aveva messo a disposizione la sua visibilità anche per loro".
Rosaria Capacchione, giornalista del 'Mattino' di Napoli sotto scorta per i suoi articoli sui Casalesi, ha messo in guardia la categoria: "Sono una cronista che ha come primo scrupolo quello di raccontare ciò che vedo. Mi fa paura essere diventata un bersaglio per questo. Come giornalisti, però, dobbiamo renderci conto che non siamo amati, non tanto dal potere, ma dalla gente che ci rimprovera la cattiva scrittura e l'omologazione ai comunicati stampa. Purtroppo stiamo diventando dei passacarte e utilizziamo troppo le fonti ufficiali".
Lirio Abbate, inviato de L'Espresso, ha ricordato il disegno di legge sulle intercettazioni: "Penso che se Tobagi e gli altri colleghi uccisi dalla mafia e dal terrorismo fossero sfuggiti agli agguati sarebbero pronti ad andare in carcere contro la legge bavaglio sulle intercettazioni".
Sonia Alfano, figlia del giornalista Giuseppe Alfano ucciso dalla mafia, ha ricordato: "Se ci fossero più giornalisti con la schiena dritta forse oggi ci troveremmo in un contesto diverso".
Roberto Natali, presidente della Fnsi, ha annunciato che contro la legge sulle intercettazioni la categoria è pronta alla disobbedienza civile: "E' una battaglia che si può vincere, faremo ricorso anche alla corte di Strasburgo. C'é una pretesa di impunità che non ha nulla a che vedere con la privacy".
Al convegno è intervenuto anche il presidente della Regione Lombardia Roberto Formigoni: "Al giornalismo spetta il grande compito di garantire che la gente sappia cosa accade nel mondo, che abbia gli elementi per giudicare che possa pensare con la propria testa. Talvolta però questo è un compito difficile e pericoloso perché la verità ha molti nemici, spesso senza scrupoli".
Guido Columba, presidente dell'Unci, ha ricordato che la giornata della memoria cambia sede ogni anno per sottolineare, attraverso il ricordo dei giornalisti uccisi "l'unità della nazione".