dalla Squadra Mobile di Palermo e dal Servizio Centrale Operativo della Polizia di Stato. Le ordinanze di custodia cautelare sono state eseguite tra Palermo e Trapani. Gli indagati sono tutti accusati di partecipazione ad associazione mafiosa per aver fornito supporto logistico e aiuto al boss Raccuglia ed aver funzionato come anello di collegamento per la trasmissione dei "pizzini" che il latitante usava per comunicare con gli altri mafiosi. Raccuglia era stato arrestato dalla polizia il 15 novembre dell'anno scorso a Calatafimi, in provincia di Trapani.
Una nota della polizia spiega che i sette arrestati, accusati di associazione di tipo mafioso, avrebbero provveduto non solo alle esigenze logistiche per la latitanza del boss -- reperendo abitazioni, somme di denaro e armi per Raccuglia -- ma anche "veicolato la corrispondenza dello stesso verso i familiari e le altre articolazioni di cosa nostra", tramite uno scambio di cosiddetti "pizzini" con cadenza periodica.
Al telefono, i pizzini erano chiamati "pillole"; e per le consegne più delicate, i messaggi venivano addirittura lanciati da un ponte, oppure lasciati tranquillamente davanti a un cancello, su una strada statale. Tutto questo aveva inventato la più eccentrica squadra di messaggeri mai vista in Cosa nostra: irreprensibili lavoratori per tutta la settimana, postini di mafia solo nel week-end. Erano al servizio di Domenico Raccuglia, il numero due di Cosa nostra, l'uomo più influente dell'organizzazione mafiosa nella provincia di Palermo, che è stato arrestato dalla polizia il 15 novembre 2009, dopo 13 anni di latitanza.
Questa notte, sono finiti in cella sei insospettabili favoreggiatori del boss. Un settimo provvedimento è stato notificato in carcere all'uomo che aveva ospitato Raccuglia nella sua casa di Calatafimi, in provincia di Trapani.
Gli investigatori della Catturandi della squadra mobile di Palermo e i collegi del servizio centrale operativo della polizia hanno arrestato Mario Salvatore Tafuri, 46 anni, titolare della "Tafuri Costruzioni" e gestore dell'impianto di calcestruzzi "Co. edil. cem" di Altofonte (Palermo); Giuseppe Campanella, 55 anni, impiegato del Comune di Salaparuta (Trapani), in servizio all'autoparco; Giacomo Bentivegna, 60 anni, impiegato della calcestruzzi "Co. edil. cem"; Girolamo Liotta, 40 anni, imprenditore edile di Camporeale (Palermo); Marco Lipari, 32 anni, imprenditore agricolo di Camporeale e impiegato del 118; Nino Sciortino, 37 anni, agricoltore di Camporeale. Il provvedimento in carcere riguarda Benedetto Calamusa, 44 anni, allevatore, che il giorno dell'arresto di Raccuglia finì in carcere assieme alla moglie.
Sono state proprio le indagini sui postini di Raccuglia - coordinate dai pm Francesco Del Bene e Roberta Buzzolani, nonché dal procuratore aggiunto Antonio Ingroia - a portare al latitante. Ma non è stato facile. Per mesi, i postini di Raccuglia sono stati davvero un enigma per i poliziotti: al telefono non parlavano mai di pizzini, piuttosto di pillole e ricette mediche.
Altre volte, i postini si fermavano per qualche minuto davanti a un cancello, sulla strada statale Palermo-Sciacca, fra gli svincoli di Salaparuta e Camporeale. Oppure, guardavano giù, dal ponte di Altofonte: cosa facessero per davvero lo si è scoperto leggendo uno dei pizzini trovati nel covo di Raccuglia. I boss cercavano “un nuovo posto per il lancio”. Dal ponte lanciavano i pizzini.