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07/12/2011 08:30:33

"Ha esportato rifiuti in Corea" In manette l'imprenditore Vincenzo D'Angelo

"Il nostro assistito - dichiarano gli avvocati Cassarà ed Abate - è in grado di chiarire prontamente la sua posizione in merito alla regolarità dello smaltimento dei rifiuti effettuato dalla sua azienda".

09,00 - L'imprenditore alcamese Vincenzo D'Angelo, considerato in provincia di Trapani il re dei rifiuti, è finito in manette nell'ambito di una operazione  coordinata dalla procura antimafia di Lecce denominata “Gold Plastic” e che ha visto la Guardia di Finanza eseguire in 13 regioni italiane 54 ordinanze di custodia cautelare in carcere «nei confronti di soggetti, anche di etnia cinese, appartenenti ad un pericoloso sodalizio criminale “transnazionale”, dedito all’illecito traffico transfrontaliero di ingenti quantitativi di rifiuti speciali, costituiti da materie plastiche, gomma e pneumatici fuori uso». Sono state eseguite anche numerose perquisizioni e sequestri preventivi di beni in 21 aziende, per un valore di oltre 6 milioni di euro. Nei confronti degli arrestati (rappresentanti di società operanti nel settore del recupero e riciclaggio di rifiuti speciali, spedizionieri doganali e agenti di compagnie di navigazione), sono stati ipotizzati i reati di “associazione per delinquere transnazionale finalizzata all’illecito traffico di rifiuti” e “falsità ideologica in atto pubblico”.

Vincenzo D'Angelo, 50 anni, è l'imprenditore nel trapanese tra i più quotati nel settore della gestione del ciclo dei rifiuti. Talmente importante il suo giro di affari che D'Angelo riuscì poco tempo fa a trovare anche un accordo con la SapNa, la società pubblica che gestisce il ciclo dei rifiuti a Napoli, per importare da Napoli ad Alcamo tonnellate di rifiuti. Un affare da circa 6 milioni di euro.

La sua società, la Sirtec, è stata già oggetto di sequestro da parte della Forestale nel luglio 2009 e nel maggio scorso. Più di recente, una sentenza scaturita da una verifica effettuata nel settembre 2007 dai Carabinieri di Palermo all’interno di una delle strutture di cui D’Angelo è titolare, ha condannato l'imprenditore a sette mesi di reclusione.

Nel Giugno di quest'anno D'Angelo è stato ascoltato  nell’ambito di un processo che coinvolge diverse persone nell’operazione antimafia Dioscuri. D’Angelo ha dichiarato di aver subito diversi incendi e che per tale motivo si era rivolto a Filippo Di Maria (autista tuttofare del senatore Papania) il quale piuttosto spesso sembrava essere in compagnia di Cola Melodia, capomafia molto noto ad Alcamo. D’Angelo ha dichiarato di non partecipare volontariamente agli appalti pubblici banditi in paese, e ha aggiunto di conoscere da molti anni Nino Papania, senatore alcamese per il Pd. Ha dichiarato, altresì, di non aver mai ricevuto agevolazioni dalla politica, nè da Papania nè da altri.

L’indagine delle Fiamme Gialle «costituisce l’epilogo di una complessa ed articolata attività investigativa, avviata nel mese di gennaio 2009 dalla Guardia di Finanza di Taranto congiuntamente alla locale Dogana, sotto la direzione della Procura della Repubblica presso il tribunale di Taranto e, successivamente, coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Lecce. Nel corso di oltre due anni di attività investigative, condotte anche a mezzo di numerose intercettazioni telefoniche e telematiche, le Fiamme Gialle di Taranto hanno ricostruito un traffico illecito di rifiuti speciali esportati dall’Italia verso diversi paesi del Sud-est asiatico a mezzo di 1.507 container, per un quantitativo complessivo di circa 34.000.000 kg., pari ad un illecito giro di affari dell’importo suindicato di oltre 6 milioni di euro, preso a base per i citati sequestri preventivi di beni. L’ammontare dell’illecito traffico è stato determinato contabilizzando sia gli ingenti costi artatamente evitati per lo smaltimento dei rifiuti presso siti italiani autorizzati e sia per i cospicui compensi percepiti “in nero”, anche su conti bancari esteri, per l’attività commerciale e di intermediazione dei rifiuti acquistati da soggetti italiani ad un valore irrisorio per container e rivenduti a clienti asiatici, per il recupero energetico, per un valore di 250 volte superiore. In tale periodo, presso il porto di Taranto ed altri scali marittimi nazionali, sono stati sottoposti a sequestro oltre 2.600.000 kg. di rifiuti speciali, pronti per essere illecitamente spediti a mezzo di 114 containers. La spedizione dei rifiuti speciali avveniva mediante la predisposizione di falsa documentazione commerciale e doganale riportante dati non veritieri in ordine alla tipologia del materiale, al paese di destinazione nonchè all’impianto di recupero finale, compromettendo pertanto la loro tracciabilità a tutela dell’ambiente. Nella maggior parte dei casi i rifiuti speciali non erano stati oggetto di alcun trattamento preliminare e potrebbero essere stati utilizzati come materia prima per la produzione di giocattoli, casalinghi, biberon e prodotti sanitari destinati alla commercializzazione sull’intero territorio nazionale ed europeo».