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22/12/2011 05:44:09

Campobello. Già nel '92 il Comune viene sciolto per mafia. E tutti sapevano...

Per quegli arresti, nell’operazione Golem, di consiglieri nella maggioranza dell’ormai ex sindaco. Per i peccati di gioventù di Caravà, come la condanna per furto di energia elettrica ed emissione di assegni a vuoto. Per le presunte tangenti. Per quella denuncia a Caravà per voto di scambio ed estorsione. E soprattutto per quei controlli degli ispettori del ministero dell’Interno, nel 2008, per infiltrazioni mafiose al comune e quella richiesta di scioglimento rimasta sul tavolo. Già, lo scioglimento. Eppure già quasi venti anni fa il comune di Campobello venne sciolto per infiltrazione mafiosa. E la relazione al Presidente della Repubblica dell’allora ministro dell’Interno Nicola Mancino sembra scritta ieri per le similitudini con i fatti dei giorni nostri.
Si legge che il consiglio comunale campobellese “presenta fenomeni di infiltrazione della criminalità organizzata che condizionano la libera determinazione degli amministratori e compromettono l'imparzialità degli organi elettivi, il buon
andamento dell'amministrazione e il funzionamento dei servizi, con grave pregiudizio per lo stato dell'ordine e della sicurezza pubblica”.
Il decreto di scioglimento è dell’11 luglio ’92, otto giorni ci sarà la strage di via D’Amelio. Mancino arriva allo scioglimento dopo la nota dell’allora Prefetto di Trapani Andrea Gentile in cui evidenzia “la sussistenza di collegamenti tra alcuni componenti dell'amministrazione comunale di Campobello di Mazara e gli ambienti della criminalità organizzata”.
C’è l’avviso di garanzia per associazione mafiosa al consigliere comunale ed ex sindaco Vito Passanante. Le denunce per reati contro la pubblica amministrazione ai consiglieri Nino Mangiaracina e Giuseppe Montalto. Quella a Rocco Indelicato per interesse privato e associazione mafiosa. E poi c’è Ciro Caravà, allora consigliere comunale, denunciato per interesse privato e associazione per delinquere.
Le indagini sulle infiltrazione mafiose a Campobello nel ’92 furono coordinate dalla squadra mobile e dai carabinieri di Trapani, ed evidenziano che “gli ultimi due consiglieri citati (Caravà e Indelicato) risultano in rapporti di amicizia e di affari con noti pregiudicati ed esponenti mafiosi quali Nunzio Spezia e Antonino Messina”, all’epoca latitante. E proprio ai familiari di spezia Ciro Caravà è restato molto legato fino ad oggi – come emerge dalle intercettazioni dell’operazione Campus Belli -pagando di tasca sua i biglietti aerei ai familiari per andare a trovare il boss in carcere.
Tornando al ’92, le indagini su Campobello sono desolanti. Un Comune quasi totalmente occupato da uomini legati a cosa nostra. Consiglieri comunali indagati o con precedenti già pesanti sulle loro spalle. Scrive Mancino: “ai molteplici legami che vincolano alcuni amministratori comunali ad esponenti delle organizzazioni criminali e ai condizionamenti che ne derivano sono da addebitare sia la diffusa illegalità che l'incapacità della struttura amministrativa di funzionare con regolarità e di fornire i servizi pubblici essenziali”. Poi ci sono le numerose irregolarità gestionali che portano al “grave e vasto fenomeno dell'abusivismo edilizio che, grazie alla complice inerzia degli organi comunali, ha devastato negli anni passati l'intera zona costiera di Tre Fontane”. E ancora i locali dei mafiosi o loro parenti presi in affitto direttamente dal Comune, oppure la fornitura di vari servizi ad aziende come la "Euroservice", di cui era titolare Giovanna Valenti, legata da strettissimi vincoli di parentela al capo mafia Nunzio Spezia.
Per questo e altro, consiglio e giunta verranno sciolti. Ma i legami tra politica e mafia nel corso di questi vent’anni sono rimasti ben saldi. Insomma a Campobello si sta vivendo un deja vu ed è chiaro che tutti sapevano. Anche lo Stato, latitante per quasi vent’anni. E ci si chiede come si sia arrivati a questo punto.

Francesco Appari