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01/03/2012 06:02:00

Il gioiellino/1: Aeroporto di Trapani: soldi pubblici investiti per venderlo ai privati?

Il giorno prima che scoppiasse il crac più eclatante nella storia finanziaria italiana nessuno sospettava nulla. Perchè la bolla quando arriva arriva. Il gioiellino tra le grandi infrastutture in Sicilia è oggi l’aeroporto “Vincenzo Florio” di Trapani. Una struttura che, come ricorda l’ormai ex presidente, Salvatore Ombra,”rischia grosso, può implodere”. E aggiunge: “Deve cambiare il modello di gestione, la politica deve fare più di un passo indietro. C’è il rischio che dopo aver investito tanto il territorio perda la sua principale infrastruttura”. A favore di chi? Dei privati naturalmente, che sono lì, pronti ad approfittare, come già successo per Alitalia: il risanamento a carico del pubblico, e il gioiellino regalato ai privati.

Un anno dopo, l’aeroporto di Trapani è di nuovo in guerra. E se nel 2011 furono i rumorosi caccia della Nato a portare alla chiusura dell’aeroporto “Vincenzo Florio”, paralizzando l’economia turistica dell’intera provincia di Trapani, oggi la guerra è un’altra. Silenziosa. Efferata. Una guerra di potere, per il controllo di quella che ormai è - per numeri, traffico, importanza strategica - la principale infrastruttura della Sicilia Occidentale,

Il Presidente dell’Airgest, Salvatore Ombra, si è dimesso per candidarsi alla carica di Sindaco a Marsala.  Airgest è la società mista che gestisce lo scalo aeroportuale. La Provincia di Trapani detiene il 49% delle azioni. Il 49% dell’aeroporto è dei privati. A fare la differenza, con una sorta di golden share del 2% è la Camera di Commercio di Trapani.

Perchè Ombra se ne è andato? E’ inutile fare tanti giri di parole. Dietro le quinte c’è un tentativo ben preciso: dare sempre più peso ai privati nella gestione dell’aeroporto di Birgi. E poi, magari, venderlo. In pole position c’è il gruppo armeno - argentino del discusso imprenditore Eduardo Eurnekian. Il suo gruppo gestisce quasi tutti gli scali aeroportuali argentini ed un buon gruppo di scali esteri. Ha acquisito quote azionarie anche nell’aeroporto di Crotone, ed è interessato a Comiso, Falconara, Genova. Entra in Airgest con una quota del 12% grazie al gruppo “Mira Radici Finance”. Eurnekian è balzato agli onori della cronaca nel nostra Paese perchè socio di “Volare”, la seconda compagnia aerea italiana privata, che fece bancarotta nel 2005. Il suo uomo in Airgest è Vittorio Fanti, ex manager di Alitalia ed ex dirigente della società di gestione dell’aeroporto di Catania.

Il risultato più importante conseguito da Ombra, infatti, in questi anni è stata la concessione trentennale dello scalo da parte dell’Enac, l’Ente Nazionale dell’Aviazione Civile. Ed è questo che fa gola ai privati. Perchè ciò significa, in buona sostanza, avere le mani libere, essere padroni, e fare ciò che si vuole.

Ma chi sono i privati dentro l’Airgest? Il 38% è della “Infrastrutture Sicilia srl”, a sua volta controllata dalla C.I.A., Compagnia Immobiliare Azionaria, società quotata in borsa, della quale uno dei maggiori azionisti (11%) è Paolo Panerai, gionalista, fondatore e direttore di Capital e de “ll Mondo”. Ma dentro la “Infrastrutture Sicilia Srl” c’è anche “Euroairports”, adesso controllata appunto dall’imprenditore armeno argentino Eduardo Eurnekian.

L’8% dell’Airgest è, infine, del gruppo Cesare Dessena Quercioli.

Salvatore Ombra, imprenditore (la sua azienda, Ausonia, è leader nella produzione di gruppi elettrogeni) guidava l’Airgest dal 2007. Fu scelto per quella che ora è un’ambitissima poltrona da Antonio D’Alì, allora Presidente della Provincia di Trapani. Il rapporto di fiducia venne a mancare presto. Ombra infatti prese una strada tutta sua, fuori dalle logiche di spartizione politica che avevano fatto dell’aeroporto di Trapani una grande cattedrale nel deserto. Nel 2006 il “Vincenzo Florio” movimentava appena 300.000 passeggeri l’anno, per lo più diretti a Pantelleria, o negli unici due collegamenti con Roma e Milano foraggiati dall’Unione Europea tramite i finanziamenti previsti per la cosiddetta “continuità territoriale”. Nel Dicembre di quell’anno il Ministero dei Trasporti aveva pronto il decreto di chiusura dell’aeroporto: costoso, inefficente, inutile. C’era pure (e c’è ancora) una sorta di totem, a rappresentare tutti gli sprechi che Birgi aveva rappresentato in quegli anni: il Palavetro, una struttura di acciaio e vetro, alta 8 metri e grande 2300 metri quadrati, voluta dall’allora Presidente della Provincia Giulia Adamo (nel 1995), costata un milione di euro, e oggi abbandonata all’ingresso dell’aeroporto dopo essere stata utilizzata per ospitare alcune manifestazioni sportive. Smontarla da lì costerà altre 500.000 euro.

- 1. continua -