Ma credo che di questo sia consapevole lo stesso Lombardo». Lo ha detto Massimo D’Alema, davanti al Politeama, a Palermo, prima di incoronare il candidato vincitore delle primarie, Fabrizio Ferrandelli, sostenuto da Pd, Sel e movimenti. D’Alema non intende spingersi a chiedere le dimissioni immediate di Lombardo, come fa invece l’ala guidata dal segretario dimissionario Giuseppe Lupo. «Non spetta a me, sono contrario — dice D’Alema — a tutti i dirigenti nazionali che vengono qui e dicono cosa bisogna fare alla Regione siciliana. A me non compete, non ho nessuna responsabilità nel Pd».
Non dice “basta” con l’appoggio a Lombardo, l’ex segretario dei Ds, ma si sofferma su quella che ormai è una scelta obbligata, ribadita dallo stesso presidente della Regione che ha dichiarato l’intenzione di lasciare l’incarico, anche se solo un attimo prima della pronuncia dei giudici. «D’Alema è d’accordo con quello che ha detto Lombardo — interpreta Antonello
Cracolici, capogruppo del Pd all’Ars, ala filo-governativa — cioè che non guiderà la Sicilia sotto processo. Dobbiamo andare al voto assieme, e con Lombardo decideremo quando votare. È una decisione che sarà presa tra i partiti. La discussione è in corso».