In tutto 780 chilometri quadrati, sparsi in 630 siti della Sicilia. Sono le zone "R4", quelle che presentano il massimo livello di rischio ("molto elevato") di frane e inondazioni nell'Isola: il 2,43% sul totale del territorio siciliano. L'ultima elaborazione dei Piani di assetto idrogeologico della Regione è stata cura dall'assessorato al Territorio e ambiente.
Il tasso di rischio è una combinazione fra le caratteristiche idrogeologiche dei luoghi e la vulnerabilità indotta dalla presenza di insediamenti urbani, ponti e strade. Lo studio è su 107 bacini idrografici dell'Isola. Nella scala di gravità, oltre al già citato "R4", ci sono anche "R3" (rischio elevato, 957 siti), "R2" (rischio medio, oltre 2mila luoghi) ed "R1" (rischio moderato, circa 3.300 siti). La mappa complessiva è in fase di elaborazione da parte dell'assessorato e quindi manca ancora il dato complessivo sull'incidenza in percentuale del rischio di frane e inondazioni, ma la stima è che almeno un 30% di tutto il territorio dell'Isola possa avere tassi significativi.
Ma quali sono le zone a livello "R4". In una prima rielaborazione grafica sono piccole macchie distribuite soprattutto nella parte orientale della regione: in gran parte a Messina (zona tirrenica nord), a Catania (nella zona sud della città, fra l'aeroporto e il Simeto, ma anche nell'hinterland, con qualche sito alle pendici dell'Etna), a Siracusa (nella zonadel Porto Grande) e poi Gela e Licata; in Sicilia occidentale le zone a massimo rischio di frane o esondazioni sono nella Valle del Belice, est del Golfo di Palermo e nella fascia delle Petralie.
«Per tutte queste aree - si legge in un report del Servizio 3 Assetto del territorio e difesa del suolo - sono state disciplinate le attività esercitabili e altresì destinate le risorse per le prime attività».
Ben altra cosa è il rischio idrogeologico complessivo. La Sicilia è tra le regioni italiane che superano il 90% di dissesto nel proprio territorio: su 390 comuni, ben 277 ricadono in aree soggette a rischio idrogeologico, secondo l'ultimo rapporto di ministero dell'Ambiente e Legambiente. Da alcune zone di Palermo, fino a Messina, con diversi comuni del Parco dei Nebrodi; da Trapani fino alla costa jonica a nord di Catania. Questi dati diventano ancora più allarmanti se s'incrociano con quelli dell'abusivismo edilizio: l'84% degli immobili abusivi, in Sicilia, sorge su terreni sottoposti a vincoli sismico (7 su 10 con livello medio-alto) e idrogeologico, secondo il "Rapporto sull'abusivismo edilizio" della Regione.
Ma - tralasciando dissesto, pericolo sismico e abusivismo - a che punto è la Sicilia in materia di gestione del rischio alluvioni? «Putroppo non si può dire che la nostra regione è più sicura, ma certamente grazie al lavoro che abbiamo fatto negli ultimi mesi è più informata e consapevole», sostiene l'assessore regionale al Territorio e Ambiente Mariella Lo Bello. Con una delibera di giunta dello scorso 14 ottobre si è infatti conclusa «la fase di elaborazione del Piano di gestione del rischio alluvioni, che dovrà essere completato entro il mese di giugno 2015». L'incombenza e la scadenza sono fissate da una direttiva della Commissione europea del 2007, attuata dal governo italiano nel 2010.
E una volta tanto la Regione Siciliana sta rispettando la tabella di marcia: «Abbiamo completato - sostiene Lo Bello - l'aggiornamento di tutti i Pai (i Piani di assetto idrogeologico, sui quali in Sardegna si è polemizzato a causa dei pesanti ritardi, ndr) ma questa è soltanto una fase intermedia. «Il piano sarà concertato con i territori, le associazioni e tutti i soggetti interessati», annuncia. Ci saranno misure per uso sostenibile del territorio e per la sua rigenerazione e messa in sicurezza, oltre che interventi non strutturali per migliorare il sistema di prevenzione del rischio e della risposta alle emergenze». Nel report dell'assessorato si legge di «misure strutturali (arginature, ricalibrature, rettifiche diversivi o scolmatori, serbatoi di laminazione, casse d'espansione) e misure non strutturali dando priorità a quelle non strutturali promuovendo "pratiche sostenibili di utilizzo del suolo", il miglioramento della capacità di ritenzione delle acque nonché l'inondazione controllata di certe aree in caso di fenomeno alluvionale, la regolamentazione delle attivtà che comportano l'impermeabilizzazione e il potenziamento delel attività di protezione civile».
Il problema, come sempre, saranno i fondi per passare dallo studio all'azione. «Ma le Regioni devono pressare il governo nazionale affinché scongiuri i tagli sugli interventi in materia di rischio idrogeologico», precisa Lo Bello che si farà «portavoce, con una lettera a tutti i colleghi assessori all'Ambiente, di un'azione forte e univoca». Partendo da una considerazione, giusta quanto amara: «La violenza provoca sempre vittime, anche quella che si fa al territorio».
SOLDI NON SPESI. Il dato più allarmante l'ha rilanciato Carlo Trigilia: 4,3 miliardi non spesi dal Sud per la messa in sicurezza del territorio. Martedì, in audizione alla commissione Bilancio della Camera, il ministro della Coesione ha ricordato «che il Fondo di sviluppo e coesione prevede oltre 4 miliardi di risorse appostate per lo sviluppo idrogeologico, che finora non si sono potute spendere per la complessità dei meccanismi, ma anche perché la spesa delle Regioni pesa sul loro patto di stabilità». Uno spreco scandalose di risorse, in un territorio dove il livello di rischio è altissimo.
Ma l'allarme era stato già lanciato durante una precedente audizione del ministro alla Camera, lo scorso 12 giugno, quando Trigilia aveva dettagliato che «alla manutenzione straordinaria del territorio è stato assegnato il 24,8% delle risorse del Fondo Sviluppo e Coesione, corrispondente a 4,4 miliardi di euro». Ma «a tale valore - dettagliava il ministro - si aggiungono 532 milioni di euro della programmazione 2000-2006 che la Regione Siciliana ha inteso affiancare alle risorse 2007-2013». L'Isola, dunque, dietro la lavagna. Anche perché ai soldi "congelati", si aggiungono quelli non spesi in precedenza. «Nel periodo 2000-2006 per la difesa del suolo - ha detto Trigilia a Il Manifesto - nelle sole Regioni del Mezzogiorno sono stati avviati progetti per oltre 2 miliardi di euro, ma con un effettivo assorbimento del 50% delle risorse finanziarie programmate».
E a Roma la Sicilia presenta il proprio "conto". In audizione alla commissione Ambiente del Senato, presieduta da Giuseppe Marinello, ieri c'era il commissario straordinario delegato per la mitigazione del rischio idrogeologico nella Regione siciliana, Maurizio Croce. Nel corso dell'audizione sono stati presentati i risultati conseguiti dall'amministrazione commissariale a partire dal dicembre 2010 ed è emersa la capacità di spesa dell'organismo, che ha già impegnato l'80% delle risorse stanziate per le finalità di mitigazione del rischio idrogeologico in Sicilia. Le risorse ammontano in totale a 325,5 milioni di euro. «Apprezzamento sull'attività del commissario straordinario» è stato espresso dal presidente Marinello.
Nel dettaglio, le cifre presentate da Croce raccontano di 165,4 milioni di fondi ministeriali e di 160,1 di fondi regionali. Con i fondi dell'Accordo di programma sono stati finanziati 201 interventi: 94 con finanziati con soldi dello Stato (19 in fase di progettazione, 53 in fase di attuazione e 22 ultimati) e 107 con fondi regionali messi a disposizione dall'Ue (9 in istruttoria, 19 in progettazione, 73 in attuazione e 6 ultimati). Tutto sommato gli interventi finora ultimati sono il 20,49%, pari a una spesa di 66,7 milioni. Dove sono andati questi soldi? La metà esatta per il Messinese, a seguire Palermo (13,04%) e Catania (10,87%). Interessante anche il dato sugli appalti assegnati: l'85% delle imprese aggiudicatarie sono siciliane.