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17/01/2014 06:25:00

"Campus Belli", chiesti quasi 100 anni di carcere per Caravà e gli altri imputati

Condanne per quasi cento anni di carcere sono state invocate dal pm della Dda Pierangelo Padova nel processo che, davanti il Tribunale di Marsala, vede imputate sette persone coinvolte nell’operazione antimafia ‘’Campus Belli’’, del 16 dicembre 2011. Tra gli arrestati, allora, anche il sindaco in carica Ciro Caravà, a capo di una giunta di centrosinistra. Per Caravà il pm ha chiesto 18 anni di carcere. Dalle indagini, infatti, è emerso che l’allora sindaco di Campobello, nonostante le pubbliche dichiarazioni contro la mafia e la partecipazione a manifestazioni in favore della legalità, intratteneva rapporti con esponenti della locale famiglia mafiosa capeggiata da Leonardo Bonafede, 81 anni, anch’egli imputato assieme a Cataldo La Rosa, di 48 anni, e Simone Mangiaracina, di 76, considerati il “braccio operativo” dell’anziano boss, a Gaspare Lipari, di 46, che avrebbe svolto una funzione di “collegamento” tra il sindaco e il capomafia, ad Antonino Moceri, di 62, e ad Antonio Tancredi, di 53. Gli ultimi due, imprenditori del settore olivicolo, sono accusati, come Caravà, di concorso esterno in associazione mafiosa. Queste le altre richieste del pm: condanna a 20 anni di carcere per Mangiaracina, 18 anni La Rosa, 16 per Lipari, 15 ciascuno per Moceri e Tancredi e 6 anni per Bonafede. Quest’ultimo, già condannato in passato per associazione mafiosa, è accusato ‘’solo’’ di intestazione fittizia di beni. Secondo gli investigatori, i due imprenditori fornirono ‘’consapevolmente’’ alla locale famiglia mafiosa un contributo all’infiltrazione nel settore dell’olivicoltura. Sottolineando la ‘’centralità’’ della figura di Leonardo Bonafede, il pm Padova ha evidenziato come la famiglia mafiosa belicina abbia operato per controllare varie attività: dal movimento terra al commercio olivicolo, con relativi canali di finanziamento, attraverso trattative avviate con i castelvetranesi Giuseppe Grigoli e Salvatore Messina Denaro, e riscossione crediti. Il rappresentante dell’accusa ha tratteggiato anche la figura del deceduto maresciallo Giovanni Buracci. <Da intercettazioni – ha detto il pm - emerge che Buracci era a conoscenza delle dinamiche interne alla famiglia mafiosa di Campobello di Mazara, anzi che ne faceva parte. Famiglia ai cui vertici c’erano Nunzio Spezia e Leonardo Bonafede. Con il primo che tentò di far mettere da parte il secondo. Ciò dopo il ritorno sulla scena di Franco Luppino, uscito dal carcere dopo 25 anni (era finito dentro per un omicidio, ndr). Luppino era il delfino di Spezia. Bonafede tentò di riprendere il controllo della situazione con La Rosa e Mangiaracina (che si occupavano di appalti pubblici). Nel 2007 una riunione di tutti gli operatori del settore movimento terra promossa da Bonafede per spartire i lavori. Due i reati commessi nel controllo del mercato olivicolo – ha continuato il pm – e cioè l’attribuzione fittizia di quote società Eurofarida, di fatto in mano alla mafia (clan Leonardo Bonafede, ndr), e il concorso esterno in associazione mafiosa contestata a Tancredi e Moceri. L’Eurofarida era solo apparentemente nelle mani di Tancredi e Moceri, ma in realtà è diventata cosa della famiglia mafiosa campobellese facente riferimento a Leonardo Bonafede e ai suoi luogotenenti La Rosa e Mangiaracina. Emblematica anche vicenda del consorzio olivicoltori. I mafiosi avevano capito che consorzio poteva servire a consolidare loro presenza sul territorio. C’è, poi, la vicenda Fontane d’oro, sulla quale in aula è stato ascoltato l’ex capo della Squadra mobile di Trapani Giuseppe Linares, che ha detto che ‘’Franco Luppino controllava la società tramite prestanomi’’. Una vicenda per la quale Luppino è stato condannato>. Il 23 è il 30 gennaio terranno le loro arringhe gli avvocati difensori. Il 6 febbraio potrebbe essere emessa la sentenza. Parti civili nel processo sono il Comune di Campobello di Mazara e le associazioni antiracket di Trapani, Marsala, Mazara e Alcamo e il Centro “Pio La Torre”. Tra i legali di parte civile, il trapanese Giuseppe Novara e il marsalese Giuseppe Gandolfo.