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04/02/2014 06:45:00

Rifiuti, mafia e tangenti in Sicilia. Mazzette per 38 milioni di euro

 La Procura di Palermo indaga sulla scorta di un dossier trasmesso dalla Procura di Bolzano. La tedesca Lurgi avrebbe sborsato soldi per gli impianti progettati a Paternò, Augusta, Casteltermini, Bellolampo. Una clamorosa storia di mafia e mazzette. E' lungo queste due direttrici che si muove il business dei termovalorizzatori siciliani - che ha già dato il viaa ricorsi e contenziosi amministrativi ancora aperti - al centro di un'inchiesta della Procura di Palermo avviata sulla scorta di un dossier giudiziario trasmesso nel 2008 dall'allora pm di Bolzano, Guido Rispoli, che indagava su un giro di presunte tangenti. Al centro dell'inchiesta, l'azienda tedesca "Lurgi" (sub-holding interamente posseduta da "Gea Group") la cui controllata "Lentjes" aveva il 20% di "Pianimpianti", poi ridotto all'8,23%. Rispoli - oggi capo della Procura bolzanina - scoprì che la "Lurgi" aveva pagato tangenti per aggiudicarsi il termovalorizzatore di Colleferro, in provincia di Roma, e che era invischiata in altre attività corruttive per la realizzazione di analoghi impianti in diverse zone d'Italia, compresi quelli progettati in Sicilia a Bellolampo (Palermo), Augusta, Casteltermini e Paternò e mai realizzati.
Di qui la trasmissione del dossier a Palermo. Questo filone dell'inchiesta è coordinato dal procuratore aggiunto di Palermo, Leonardo Agueci, a capo di un pool di magistrati che si occupa di reati contro la pubblica amministrazione. Finora non ci sono indagati, anche se è stato ricostruito il ruolo svolto dai vari protagonisti della vicenda e sono state disposte indagini bancarie. Ha trovato invece riscontro in un'inchiesta, sfociata nel 2013 in un giudizio tuttora in corso davanti al Tribunale di Palermo, la segnalazione dell'ex aggiunto Roberto Scarpinato, oggi procuratore generale, alla commissione parlamentare sul riciclo dei rifiuti. Ascoltato nel 2011, il magistrato parlò di una cordata di politici, imprenditori, mafiosi e professionisti coinvolti negli appalti della discarica di Bellolampo.
Più complesso il contenzioso amministrativo scaturito dalla gara per la realizzazione del termovalorizzatore di Bellolampo, prima annullata, poi di nuovo bandita e vinta da un consorzio di imprese che fanno capo alla "Falck". La stessa "Falck" ha fatto ricorso contestando un onere improprio: il giudizio è in fase di appello dopo una sentenza negativa del Tar. Altri procedimenti in corso riguardano ulteriori aspetti del contenzioso.
 Gli analisti della società di revisione "Enrst & Young" ritengono che nell'ambito dei progetti per la costruzione in Sicilia dei quattro termovalorizzatori - mai realizzati - sarebbero stati pagati sottobanco 38 milioni di euro. «Non possiamo escludere - scrivono gli esperti - azioni di corruzione ed eventi penalmente rilevanti nell'ambito delle trattativa connesse ai progetti siciliani». Insomma, per entrare nell'affare bisognava pagare la mazzetta. La valutazione degli analisti è stata commissionata da "Gea Group", il colosso tedesco che avrebbe dovuto fornire chiavi in mano, con l'italiana "Pianimpianti", tre dei quattro termovalorizzatori che avrebbero dovuto produrre energia bruciando rifiuti. Nella relazione si legge che sarebbero emersi «indizi che fanno presumere che un valore pari a 38 milioni di euro non abbia diretta correlazione con le commesse; che tale importo sia entrato a far parte delle commesse per effetto di sovra-fatturazioni; che le transazioni per l'importo sopra citato siano state realizzate attraverso "Pianimpianti" e "Lurgi"; che le persone coinvolte sono state oggetto di indagini penali in Italia e in Germania per accuse di corruzione e che hanno fornito informazioni incomplete e contraddittorie sui fatti».
La gara per i termovalorizzatori - 5 miliardi di euro la spesa prevista - fu indetta nell'agosto 2002 dall'ex governatore Totò Cuffaro, nella veste di commissario delegato per l'emergenza rifiuti, e aggiudicata nel 2003 a quattro società consortili: Tifeo, Platani e Pea, controllate dal gruppo Falck-Actelios attraverso Elettroambiente, e Sicil Power, controllata da Daneco e Waste Italia. Il progetto si arenò nel luglio 2007 quando la Corte di giustizia di Lussemburgo, inaspettatamente, annullò la gara perché non conforme alle norme europee.
Dopo due anni i bandi furono riscritti dall'Agenzia regionale per i rifiuti e le acque (Arra), gestita da Felice Crosta. L'asta andò deserta per una clausola che imponeva al vincitore l'implicito risarcimento dell'aggiudicatario precedente. A quel punto l'ex governatore Raffaele Lombardo, subentrato al dimissionario Cuffaro coinvolto nell'inchiesta che lo ha portato alla condanna per mafia, abbandonò definitivamente il progetto.