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27/08/2014 17:20:00

"Belluscone". La Sicilia di Berlusconi raccontata da Maresco a Venezia

 Ci sarà anche “Belluscone, una storia siciliana” al Festival del cinema di Venezia (al via oggi). Il film del regista siciliano Franco Maresco verrà proposto il prossimo 31 agosto nella sezione ‘Orizzonti‘. Il lavoro di Maresco, prodotto da Rean Mazzone, racconta con irriverente sarcasmo la vicenda berlusconiana con e i suoi legami con la mafia. Arriverà nelle sale a partire dal 4 di settembre. Ecco la recensione de Il Sole 24 Ore:

«Il contemporaneo è l'intempestivo», dice un celebre aforisma di Roland Barthes. Parole che sembrano fatte apposta per Franco Maresco e per il suo Belluscone- Una storia siciliana. Concepito all'epoca in cui Berlusconi era ancora bene in sella, tra rimonte e larghe intese, esce adesso che il Cavaliere è, pur se affidato ai servizi sociali, un affidabile partner di rombanti riforme istituzionali: defilato forse, ma ineludibile. Il film di Maresco ha attraversato una gestazione a dir poco laboriosa, segnata da sventure di vario tipo: economiche, politiche, giudiziarie, di salute. In molti, a questo punto, immaginavano che il film non sarebbe mai stato completato, finendo diretto nella ideale cineteca dei titoli leggendari e maledetti. Invece, a sorpresa, Maresco ce l'ha fatta, e il film passerà il 31 agosto alla Mostra del cinema di Venezia, nella sezione Orizzonti. Dopo tre anni di quello che per il regista è stato, dice lui, «un calvario», emerge un film a strati. Un primo strato politico, di indagine diretta sulle origini "siciliane" del progetto di Forza Italia, gli intrecci tra Bontade, Dell'Utri, Mangano, eccetera. Parallelo a questa linea narrativa, un viaggio tra i cantanti di piazza delle borgate palermitane, tra Brancaccio e Villagrazia (terre dei Bontade e dei Graviano, ancora...): un mondo di spettacolo lumpen già raccontato in Enzo-domani a Palermo, ma posseduto oggi da una sorta di transfert per il Cavaliere. Berlusconi come «autobiografia di una regione», più lampedusiana che gobettiana? Ma anche l'inverso: una conferma del citatissimo motto di Goethe, per cui «in Sicilia c'è la chiave di tutto». E c'è infine un terzo strato, misterioso e forse inevitabile: il racconto del film stesso, la sua mise en abyme, con un Tatti Sanguineti Caronte/Philip Marlowe che ci traghetta nei misteri di un Maresco forse vittima del suo film.
Insomma, Belluscone promette di lasciarsi rapidamente alle spalle il cinema di denuncia, l'inchiesta televisiva, rappresentata semmai, in questa Mostra del cinema, dal film di Sabina Guzzanti sulla trattativa Stato-mafia. L'idea, piuttosto, pare quella di un doppio apocalittico del cinema d'inchiesta, come un Caso Mattei di Rosi in cui la ricerca della verità però collassi e lasci il posto alla melanconia e alla bile nera. E nello stesso tempo ci troviamo di fronte a un autoritratto, come in fondo, a pensarci, erano stati, per gradi, molti film di Maresco, compresi quelli col sodale di un tempo Daniele Ciprì: i disastrosi fratelli La Marca di Il ritorno di Cagliostro, Franchi e Ingrassia di Come inguaiammo il cinema italiano, il jazzista psicotico Tony Scott. Tutti perdenti siciliani, vittime del proprio tempo e di se stessi.
Del film lampeggiavano da tempo in giro frammenti vari: immagini di Ciccio Mira, manager di neomelodici dalla mimica e dalla logica esorbitanti; la canzone Vorrei conoscere Berlusconi (anzi, a rigore: Vorrei conoscere a Bellusconi); un Marcello Dell'Utri che troneggia tra i fumi infernali della fotografia di Luca Bigazzi. Ma il risultato finale non è davvero intuibile, da questi materiali: da un lato, infatti, Maresco giunge al capitolo finale di un'ossessione che rimonta ai tempi di Cinico Tv (che già nel 1990 immaginava un esilarante sketch in cui Berlusconi comprava la Sicilia), e dall'altro si rimette in gioco con una radicalità e una lucida follia che hanno pochi eguali. Il regista ha affermato che quel che si vedrà sullo schermo è «al 90% vero», tranne qualche «licenza poetica». In che senso, lo si vedrà. La verità di cui parla Maresco è indubbiamente paradossale, mediata, messa in scena. Ma al contempo non riducibile al gioco cinefilo e narcisista, o alla moda del mockumentary. E magari, le parti che appariranno più inverosimili e folli saranno proprio quelle che più semplicemente mostrano la realtà Comunque sia, c'è da giurare che domenica prossima passerà al Lido di Venezia «qualcosa di completamente diverso». Qualcosa di intempestivo e, temiamo e speriamo, di tragicamente contemporaneo.