Tra l'ottobre e il novembre del 1991 si tenne un summit di mafia a Castelvetrano (Trapani) e in in quella sede fu deciso di eliminare il giudice Giovanni Falcone, l'allora ministro Claudio Martelli, Maurizio Costanzo e altri giornalisti, come Andrea Barbato. All'incontro, 'presieduto' da Toto' Riina, erano presenti anche Matteo Messina Denaro e i fratelli Gravano. Questo ha sostenuto il collaboratore di giustizia Vincenzo Sinacori, ex capo del mandamento di Mazara del Vallo, che ha deposto oggi nell'aula bukner di Rebibbia a Roma, nell'ambito del secondo processo per la strage di Capaci davanti alla Corte d'assise di Caltanissetta. Alle domande del Pm Stefano Luciani, il pentito non ha voluto chiarire perche' dal '96 ha iniziato la sua collaborazione con la giustizia: "Lo faccio per problemi miei che non intendo riferire. Non ho nessuna spiegazione da dare.
Ho fatto questa scelta", ha detto l'ex boss. Secondo Sinacori, alla riunione di Castelvetrano ne seguirono altre a Palermo, a casa di Salvatore Biondino, autista di Riina, e del fratello, per definire le modalita' con cui uccidere le vittime designate. "Bisognava usare delle armi tradizionali. In caso di attentati bisognava chiedere il permesso a Riina. A Roma, arrivarono con un camion, armi ed esplosivo". Falcone, nella versione del pentito, doveva essere ucciso prima degli altri "perche' dopo il maxiprocesso era un nemico storico di Cosa nostra. Maurizio Costanzo perche' durante le sue trasmissioni era contro Cosa nostra e Martelli perche' era stato eletto con i voti dalla mafia e poi aveva girato le spalle a Cosa nostra.
Il giudice Falcone doveva essere ammazzato in un ristorante che frequentava a Roma mentre Martelli in via Arenula, dove c'era la sede del ministero di Grazia e Giustizia". Una volta a Roma, il commando inizio' a fare dei sopralluoghi facendo pero' confusione e scambiando il ristorante "Il Matriciano" per "La Carbonara", dove Falcone era solito andare.