Tempi bui per le casse delle amministrazioni comunali che vengono rimpinguate dalle multe per le infrazioni al codice della strada.
Le multe prodotte dagli autovelox che non vengono controllati periodicamente sono illegittime. A stabilirlo è la Corte costituzionale, che nella sentenza 113/2015 depositata ieri (presidente Criscuolo, relatore Carosi) ha bocciato le regole del Codice della strada nella parte in cui non prevedono che tutti gli apparecchi «siano sottoposti a verifiche periodiche di funzionalità e taratura»: un'altra sentenza ricca di effetti sui conti pubblici, questa volta in termini più di mancate entrate che di maggiori uscite, che si redistribuiranno però in buona parte sui bilanci dei Comuni più attivi sul versante autovelox. In gioco ci sono centinaia di migliaia di verbali non ancora pagati (per quelli già pagati la partita è chiusa), fetta rilevante di una voce, quella delle multe, che solo ai Comuni frutta circa 1,2 miliardi all'anno.
Attenzione, però, prima di stracciare la multa appena notificata (o, più probabilmente, prima di fare ricorso, perché difficilmente le amministrazioni si fermeranno da sole), perché la bordata dei giudici delle leggi non cancella tutti i verbali. Per capire meglio l'ambito colpito dalla nuova sentenza bisogna dividere gli autovelox in due famiglie: la prima è rappresentata dagli apparecchi “accompagnati” dalla pattuglia, mentre la seconda abbraccia quelli che vengono piazzati sulle strade e lasciati lì a funzionare in automatico. Questo secondo gruppo, in genere, dovrebbe essere sottoposto alle verifiche periodiche, perché lo prevedono i principi fissati dal ministero delle Infrastrutture nel 2005 a integrazione del decreto ministeriale del 29 ottobre 1997. Questo decreto, ricorda la sentenza della Consulta, esclude la necessità di verifiche periodiche per gli strumenti «impiegati sotto il controllo costante degli operatori di polizia stradale». A finire sotto la tagliola, quindi, sarebbero le centinaia di migliaia di verbali che ogni anno nascono dalle fotografie degli apparecchi presidiati.
Le multe nate dagli apparecchi presidiati, interessati dalla sentenza, si possono riconoscere perché sul verbale ci sono scritte frasi del tipo «l'infrazione è stata accertata da pattuglia composta dagli agenti X e Y», mentre in quelle generate dagli apparecchi senza pattuglia c'è scritto prima di tutto il riferimento alla legge che le autorizza (l'articolo 4 della legge 168 del 2002) oppure, fuori dalle autostrade e dalle strade extraurbane principali, al decreto del Prefetto che individua il tratto come assoggettabile a controlli automatici.
La Corte costituzionale, accogliendo la tesi della «palese irragionevolezza» della norma (articolo 45, comma 6 del Codice della strada) che non prevede l'obbligo di verifica periodica per tutti gli autovelox e quindi muovendosi in senso contrario a parecchie pronunce della Cassazione, ha respinto al mittente la fondatezza di questa ripartizione fra autovelox “automatici” (controllati periodicamente) e apparecchi usati direttamente dalle pattuglie (esentati dai controlli). Tutti gli apparecchi, tagliano corto i giudici, devono essere sottoposti a verifica.
Fino a oggi, invece, il riferimento è stato di fatto ai manuali d'uso degli apparecchi, che possono prevedere verifiche (in genere annuali). Un principio fissato nel 2005 dal ministero per “turare la falla” aperta da molti giudici di pace, che accoglievano molti ricorsi legati alla taratura.
Dal Sole24ore.com