Come abbiamo raccontato ieri, si è concluso con quattro condanne e tre assoluzioni, in Tribunale, a Marsala, il processo che vedeva imputati sette carabinieri (tra i quali anche il capitano Dario Solito, ex comandante della Compagnia di Marsala, accusato di omessa denuncia) per le violenze (lesioni personali e sequestro di persona) che sarebbero state commesse, nel 2011, nella caserma di Pantelleria, su persone fermate per controlli. La pena più severa (quattro anni e mezzo di carcere) è stata inflitta al maresciallo Claudio Milito. Condannati anche i carabinieri Luca Salerno (3 anni e 10 mesi), Lorenzo Bellanova (3 anni e 9 mesi), Rocco De Santis (un anno e 6 mesi). Per i primi tre anche 5 anni di interdizione dai pubblici uffici. Per De Santis, invece, l’interdizione dai pubblici uffici è di un anno e mezzo. Per lui, però, la pena è stata dichiarata sospesa. Tutti e quattro sono stati, inoltre, condannati a risarcire le parti civili. Con danno da quantificare davanti il Tribunale civile. Nel frattempo, però, a titolo “provvisionale” dovranno versare 20 mila euro a Vito Sammartano, un cuoco marsalese che d’estate si trasferisce a Pantelleria per lavoro, e 10 mila al pantesco Massimo Barbera. Tra i reati per i quali è scattata la condanna, anche il falso in verbalizzazioni. Per alcuni dei casi contestati c’è stata assoluzione. Seppur con la formula del secondo comma dell’articolo 530 del codice di procedura penale (“quando la prova manca o è insufficiente o contraddittoria”). L’impianto accusatorio, insomma, ha sostanzialmente retto al vaglio dei magistrati giudicanti. Sono stati, invece, assolti da ogni imputazione il carabiniere Stefano Ferrante, anche lui accusato di violenze sui fermati, nonché il capitano Dario Solito (omessa denuncia) e il maresciallo Giuseppe Liccardi. Quest’ultimo, all’epoca dei fatti comandante della stazione di Pantelleria, oltre che di omessa denuncia delle violenze, era accusato anche di favoreggiamento. Nel corso dell’inchiesta, condotta dalla sezione di pg della Guardia di finanza della Procura di Marsala e coordinata dal procuratore Alberto Di Pisa, sono poi emersi anche altri episodi dello stesso genere. Oltre a Sammartano e Barbera, furono individuati come “parti lese” anche Giacomo Brignone (per il cui caso, però, i carabinieri sono stati assolti) e il romeno Iva Diomed, per il cui caso c’è stata condanna per sequestro di persona. Legale di parte civile per Sammartano e Barbera è stato l’avvocato Gaetano Di Bartolo, che ha dichiarato: “Questa sentenza rende giustizia non solo ai miei assistiti, ma anche a quelle persone che sono vittime della parte marcia delle istituzioni. E’ una sentenza che rendiamo anche a chi è stato vittima ma non può più parlare. Mi riferisco a Cucchi e Uva”. A difendere gli imputati sono, invece, gli avvocati Paolo Paladino (legale dei tre assolti), Gianpaolo Agate, Maurizio D’Amico e Stefano Pellegrino. Lo scorso 9 novembre, al termine della sua requisitoria, il pm Antonella Trainito aveva invocato la condanna di tutti gli imputati. E per questo, probabilmente, appellerà la sentenza. La pena più severa (sette anni di carcere) era stata invocata per il maresciallo Milito. Quattro anni e mezzo, poi, erano stati chiesti per il maresciallo Liccardi, tre anni e mezzo per Salerno, tre anni per Bellanova, due anni e mezzo per De Santis, un anno e 8 mesi per Ferrante, 8 mesi per Solito. Il pm Trainito ha parlato di persone “pestate a sangue”, ammanettate senza motivo e in un caso anche chiusa a chiave in cella senza alcuna ragione giuridica. Per questo è stato contestato anche il sequestro di persona. Le accuse a vario titolo contestate erano lesioni, falso in verbalizzazioni, omissione di atti d’ufficio e di denuncia e favoreggiamento. L’indagine fu avviata a seguito della denuncia di Vito Sammartano. “Sono stato fermato ad un posto di blocco e condotto in caserma verso le 4 del mattino – ha raccontato il cuoco marsalese - e dopo l’alcoltest, a cui sono risultato positivo, seppur di poco, sono stato massacrato di botte’’. Nel corso dell’inchiesta, poi, sono emersi anche altri episodi dello stesso genere, tanto che la Procura diretta da Alberto Di Pisa ha individuato diverse altri “parti lese”. In tre si sono costituiti parte civile. Oltre a Sammartano, anche il suo amico pantesco Massimo Barbera, nonché Giacomo Brignone, anch’egli di Pantelleria, assistito dagli avvocati Stefania Valenza e Leo Genna.