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09/01/2016 06:15:00

Trapani, respingimento migranti. La nota della Questura e i dubbi del giorno dopo

 Prima il respingimento, poi la richiesta di protezione internazionale. Ed infine una nota della questura di Trapani. Un percorso anomalo che negli ultimi giorni ha riguardato 120 migranti provenienti da Pakistan, Gambia, Guinea, Malì, Senegal e Burkina Faso. Si tratta di una parte dei 931 sbarcati a Palermo lo scorso 28 dicembre e fotosegnalati all'interno dell'hotspot di Trapani, in contrada Milo. In totale i respingimenti avevano riguardato 190 uomini e buona parte di loro, in seguito al provvedimento, hanno fatto perdere le proprie tracce. Almeno in parte.
All'interno dell'hotspot di Trapani ne furono trasferiti 200. Della vicenda se ne è scritto nei giorni scorsi, ma oggi a ricostruire le forme di un caso parecchio singolare è la Questura di Trapani con una nota ufficiale: «Tutti i 200 migranti sono stati pre identificati dall'ufficio immigrazione della questura di Palermo alla presenza oltre che degli interpreti, anche dei rappresentanti delle organizzazioni umanitarie. Durante tali attività gli stranieri, correttamente informati dei loro diritti, hanno riferito di essere in Italia per motivi di lavoro. Nella stessa giornata, all'atto dell'arrivo nell'hotspot di Milo gli stessi migranti sono stati nuovamente intervistati circa i motivi del loro ingresso per essere successivamente fotosegnalati. Di questi, 10 alla presenza di un interprete in difformità rispetto a quanto fatto presso il porto di Palermo hanno manifestato la volontà di richiedere la status di rifugiato mentre gli altri 190 hanno confermato nuovamente, sempre sotto l'attenzione di un interprete la motivazione del loro ingresso, ossia la volontà di cercare un lavoro. Da qui, in applicazione della normativa vigente è stato emesso nei confronti dei 190 migranti un provvedimento di respingimento con ordine di lasciare il territorio italiano entro 7 giorni. Appare assolutamente inconfutabile che non vi sia stato alcun difetto di comunicazione, ogni migrante sentito singolarmente, alla presenza costante di un mediatore culturale, in maniera cosciente e consapevole del loro diritto ha dichiarato il motivo del loro ingresso».
Con il «foglio di via» sabato i migranti si sono trovati in strada, senza alcun punto di riferimento. I volontari della Croce Rossa domenica ne hanno trovato soltanto 120 offrendo loro cibo e bevande. Nel pomeriggio il vertice in Prefettura - con il prefetto Leopoldo Falco tornato per l’occasione - e il trasferimento nella palestra comunale dismessa del Lungomare Dante Alighieri. Poi la decisione: reinserimento nell'hotspot, presentazione della richiesta dello status di rifugiato politico e assegnazione nei centri di accoglienza tradizionali. Nella serata di lunedì rientro nell'hotspot e poiil trasferimento nei Cas: 46 in Lombardia, 74 in provincia di Trapani (7 Campobello di Mazara, Karibu; 8 Castellammare del Golfo, Sicilia 1; 12 Castelvetrano, Aureus; 7 Custonaci, Hotel Poma; 6 Salemi, Fiumelongo; 17 Salemi, Mokarta; 2 Trapani, Vulpitta; 5 Trapani, Residence Marino; 6 Vita, Baronia; 4 Marsala, Hotel Concorde).
Adesso la questione diventerà squisitamente legale (ci sarebbe tuttora un conflitto tra la richiesta di protezione internazionale ed il provvedimento di espulsione) ma secondo alcuni sarebbe opportuno capire realmente le responsabilità del caso. A rilanciare l'allarme sono Maurizio Santangelo e Ignazio Corrao, rispettivamente senatore ed eurodeputato del Movimento 5 Stelle, che domenica hanno seguito da vicino i destini dei 120 migranti. «Il Prefetto ha capito che qualcosa non è andata per il versio giusto – ha affermato Corrao - le procedure di registrazione sono state affrettate e adesso è in corso un indagine interna per capire le responsabilità. Sicuramente è da rivedere l'intero sistema hotspot e proprio la prossima settimana riprenderà la discussione europea per il superamento del regolamento di Dublino 3». «Presenteremo un' interrogazione parlamentare al ministro Angelino Alfano – conclude Santangelo – sperando di capire dove stanno le responsabilità».

Marco Bova