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16/02/2016 05:05:00

Lo smaltimento dei rifiuti della Sicilia Acquaviti. Testimoni confermano le accuse

 Davanti al giudice Matteo Giacalone, quattro ex dipendenti della distilleria Gedis e della Sicilia Acquaviti hanno confermato le accuse che hanno fatto scattare l’inchiesta della sezione di pg della Guardia di finanza della Procura sfociata nel processo al 79enne imprenditore marsalese di origine ligure Giuseppe Bianchi. L’accusa è traffico illecito di rifiuti. Il primo dei testi ascoltati, Paolo Maurizio Pipitone, rispondendo alle domande del pm Giulia D’Alessandro, ha dichiarato: “Avevamo l’ordine di scaricare, di notte, nelle acque del porto, i residui della distillazione. Ciò attraverso una conduttura sotterranea. Nell’impianto della Sicilia Acquaviti, invece, scaricavamo le borlande dentro una cava di tufo e poi con una pala meccanica si copriva tutto con terriccio. Eravamo costretti a farlo sotto larvata minaccia di licenziamento”. Sulla stessa lunghezza d’onda si sono espressi anche gli altri operai ascoltati: Vincenzo Lombardo, Vito Barraco e Filippo Giacalone. Dalla loro denuncia è scattata l’inchiesta. Gli operai hanno tirato in ballo, come “mandanti”, anche altri dirigenti dell’azienda. A difendere Giuseppe Bianchi sono gli avvocati Paolo Paladino e Maria Letizia Pipitone. “Quelle ascoltate in aula – dice l’avvocato Paladino - sono dichiarazioni già rese da tempo e che provengono da soggetti che hanno più volte intentato causa contro l’imputato davanti al giudice del lavoro, che, però, ha sempre respinto le loro richieste di indennità aggiuntive non spettanti. Quindi, la loro attendibilità è da ritenere fragile”. Indipendentemente, però, da eventuali motivi i rivalsa dei quattro operai, il giudice dovrà stabilire se le loro affermazioni rispondono a verità. Prossima udienza il 21 marzo.