Tanti non ricordo ed un fiume di lacrime. A testimoniare dinanzi la Corte d'Assise presieduta dal giudice Angelo Pellino è stata Aminta Altamirano Guerrero, 34enne messicana, imputata con l'accusa di omicidio volontario premeditato per la morte del figlio Lorenz avvenuta il 14 luglio 2014 ad Alcamo. L'episodio avvenne in seguito alla somministrazione di una dose di Laroxyl, un antidepressivo usato dalla donna. Sin dalle prime indagini, la Altamirano si trova agli arresti in carcere. Secondo gli inquirenti la donna intendeva togliersi la vita insieme al figlio, in seguito alla separazione dal compagno Enzo Renda. Nell'immediato, all'interno della borsa utilizzata, venne trovata una lettera accartocciata. Una sorte di testamento per lei ed il figlio. La pubblica accusa è sostenuta dal magistrato Sara Morri.
«Domenica 13 luglio io e Lorenz, dopo essere andati in piazzetta ad Alcamo, siamo tornati a casa verso il tramonto. Lui è andato a dormire senza cenare, ha bevuto un succo d'arancia e abbiamo discusso un po perchè lui voleva dormire con la maglia della «squadretta» di calcio. La mattina del 14 luglio – ha proseguito - ho trovato Lorenz nella stanza in cui dormiva. E' la stanza a sinistra vicino la cucina, ma voi lo avete trovato nella stanza vicino al salone perchè non appena mi sono alzata e lo visto in quelle condizioni ho chiamato Enzo che si trovava in Germania, ho provato a fargli la respirazione e nell'immediato ho preparato la borsa. Ho chiesto aiuto alla vicina e con Lorenz tra le braccia chiedevo aiuto dal balcone. Il suo corpicino era senza vita e l'ho accomodato sul letto, non potevo crederci».
Secondo l'esame tossicologico Lorenz sarebbe morto in seguito alla somministrazione in dosi elevate di gocce di Laroxyl, un farmaco assunto dalla madre. «La sera, prima di andare a letto, Lorenz aveva bevuto un succo di frutta, proprio perchè non aveva fame. Non l'ho visto bere, ma l'ha bevuto mentre eravamo in cucina. Io la mattina (di domenica 13 luglio) avevo preso 10 gocce di Laroxyl e in un giorno non ricordo se in totale erano 20 o 30 gocce, infatti quella sera presi nuovamente una dose di gocce diluendole con il succo d'arancia e me ne andai a letto. Lasciai in un mobiletto della cucina il flacone di Laroxyl perchè c'era ancora una dose. La boccetta aveva un doppio tappo - uno esterno ed uno interno – e per praticità la lasciai senza tappi. Erano rimaste le 10 gocce che avrei dovuto prendere l'indomani mattina. Prima di andare a letto diedi un'occhiata a Lorenz che dormiva tranquillamente». Pm Morri: ma a lei quante dosi le erano state prescritte? «Io facevo cosa c'era scritto nella ricetta. Non ricordo cosa avevo fatto, ma seguivo la ricetta», ma gliene erano state prescritte 10 o 30 gocce, una o più dosi? «Non ricordo». E ricorda se la mattina del 13 luglio aveva già preso una dose di antidepressivo? «Non ricordo».
Nell'immediato gli agenti della Squadra Mobile ritrovarono il flacone di Laroxyl (con tappo annesso) all'interno del sacchetto della spazzatura. La ricostruzione emerge da quattro rilievi fotografici. «Si, è in questo sacchetto che ho rivisto la boccettina. L'ho trovata dopo l'arrivo dei soccorsi, c'era la casa piena di persone (amici di famiglia ed agenti di polizia), ma non ricordo cosa accadde, io in quel momento pensavo a mio figlio». Poi è stato il turno della lettera. «Questa lettera è uno sfogo, l'avevo scritta una settimana prima del 13 luglio, ed era rivolto a tutto il mio mondo di Alcamo, tutti i miei cari. Poi avevo deciso di buttarla, ma l'avevo dimenticata dentro la borsa accartocciata». Pm: ma nella lettera si parla di morte circa lei e suo figlio. «Si, io sono messicana e nella nostra cultura i riferimenti alla morte sono continui. E' un fatto di tradizioni ed io ho sempre avuto il desiderio di tornare al mio paese. In quella lettera esprimevo i miei desideri, era una sorta di testamento. Era uno sfogo per un domani, per quando Dio avesse voluto prendermi».
Infine ci sono i colloqui in carcere, dai quali sarebbero emersi ulteriori sviluppi investigativi. A supporto ci sono delle trascrizioni e delle registrazioni video. Pm Morri: «Durante uno di questi incontri (il 30 luglio 2014) Giuseppe Calvaruso (cugino della madre di Enzo Renda) le dice «C'è un messaggio che testimonia quello che volevi fare tu, sono questi che ti inchiodano» E lei annuisce. Perchè non chiede chiarimenti rispetto a questa frase al suo amico?» «Io non avevo capito bene cosa mi era stato detto». Pm Morri: «Calvaruso entra nei dettagli, le fa delle domande e lei annuisce. Poi le dice «La lettera ti inchioda, dovevi buttarla». E lei continua ad annuire. «Non ho ribattuto perchè ero troppo stanca, dormivo poco e dicevo si si a tutto». Processo rinviato al prossimo 3 marzo.
Marco Bova
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