Il tumore alla prostata era ormai in “stato avanzato” e “aveva attaccato anche altri organi”. Il decesso del paziente era, quindi, praticamente inevitabile. E’ quanto sostenuto, in sintesi, il dottor Daniele Mazzetti, medico legale di Gallarate (Va), ascoltato come consulente della difesa (avvocato Carlo Ferracane) nel processo che davanti il giudice monocratico Matteo Giacalone vede imputati, per omicidio colposo, tre medici del reparto di Urologia dell’ospedale di Salemi. E cioè il primario Leonardo Borruso e i suoi colleghi Stefano Mattioli e Giuseppe Randazzo.
Ai tre medici finiti sotto processo si contesta di non aver diagnosticato, nel 2006, un tumore alla prostata al marsalese N.D., deceduto il 21 agosto 2008 all’età di 69 anni. “Il paziente – dice, però, l’avvocato Calogera Falco, difensore di Randazzo – fu sottoposto a una Tac mirata proprio ad accertare l’eventuale presenza di ogni possibile patologia, ma dall’esame diagnostico non risultò nulla.
Le metastasi, infatti, furono rilevate soltanto un anno dopo”. In precedenza, erano stati ascoltati altri tre consulenti tecnici (Procaccianti, Vella e Lombardo) nominati dall’avvocato Ferracane. Anche loro hanno sostenuto che “la morte del paziente, malgrado eventuali altri accertamenti diagnostici che potevano essere effettuati, non si poteva evitare”.
I familiari di N.D. si sono costituiti parte civile. Prossima udienza: l’11 aprile.
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AGGIORNAMENTO: il processo è terminato con l'assoluzione degli imputati. Qui l'articolo.