Arresti per mafia a Sambuca di Sicilia, in provincia di Agrigento, eletto qualche giorno fa "borgo più bello d'Italia" e che è anche uno dei luoghi strategici per la corrispondenza del boss di Cosa nostra Matteo Messina Denaro.
In carcere sette fedelissimi di Leo Sutera, il boss di Sambuca di Sicilia ritenuto molto vicino a Matteo Messina Denaro; Sutera, arrestato nel 2012, secondo gli inquirenti avrebbe preso il posto di Gerlandino Messina dopo la cattura di quest’ultimo avvenuta il 23 ottobre 2010.
Vista la contiguità territoriale tra la zona controllata da Sutera e quella facente riferimento al mandamento di Castelvetrano, città di origine di Messina Denaro, si può ben intuire l’influenza del super ricercato all’interno della provincia di Agrigento; proprio Sutera avrebbe fatto da cerniera degli interessi del sodalizio mafioso tra la parte occidentale della nostra provincia ed alcuni paesi del palermitano.
I sette arrestati dai Carabinieri nelle scorse ore, fungevano da supporto alla struttura di potere mafioso che alimentava gli interessi di Leo Sutera; in particolare, le manette sono scattate per Giuseppe Genova, ritenuto il capo della famiglia di Burgio, Andrea e Salvatore La Puma, padre e figlio, Gaspare Ciaccio, Vincenzo Buscemi, Massimo Tarantino e Luigi Alberto La Scala. Tutti gli arrestati sono originari di Burgio e Sambuca di Sicilia; i sette incontravano Leo Sutera nelle campagne di questa porzione della provincia agrigentina, ogni volta in casolari o strutture diverse per evitare sguardi indiscreti.
Le comunicazioni avvenivano, secondo gli inquirenti, tramite pizzini ed inoltre come forma di precauzione, durante i raduni i boss preferivano camminare lungo i campi distogliendo quindi l’effetto di eventuali microspie.
I carabinieri hanno documentato gli incontri di Leo Sutera con Salvatore Genova, Cosimo Michele Sciarabba, uomo d'onore della famiglia di Misilmeri, provincia di Palermo, figlio di Salvatore e già reggente della famiglia di Misilmeri e del mandamento di Belmonte Mezzagno-Misilmeri dopo l'arresto del capo mandamento Benedetto Spera, e con Gaetano Maranzano uomo d'onore della famiglia di Palermo - Cruillas. Il livello dei personaggi interessati e le modalità di svolgimento degli stessi hanno fatto comprendere come gli incontri fossero funzionali alla pianificazione di comuni strategie criminali di portata ultra provinciale.
L’operazione denominata «Eden 5 – Triokolà» è frutto di una doppia indagine coordinata dal procuratore di Palermo Francesco Lo Voi e dall’aggiunto Maurizio Scalia per smascherare il rigido controllo del territorio effettuato dalla rete dei fedelissimi di Leo Sutera, il capomafia soprannominato il «professore», arrestato il 26 giugno del 2012 insieme con altri 48 affiliati. Una retata che allora si trasformò in una velenosa guerra interna alla Procura di Palermo perché l’aggiunto competente per la mafia di Agrigento, Vittorio Teresi, aveva firmato gli ordini di cattura, mentre l’aggiunto da anni impegnata su Trapani, Teresa Principato, protestò con una lettera aperta ai colleghi, approdata al Csm, sostenendo che «con quella indagine ne era stata stoppata un’altra per arrivare a Messina Denaro».
In effetti Sutera era tenuto d’occhio dagli investigatori in contatto con la Principato, perfino da esperti del servizio segreto Aisi, perché speravano che il boss prima o poi avrebbe fatto un passo falso portandoli nel covo del superlatitante. Un lavoro bruscamente interrotto dal blitz ordinato da Teresi, pronto a replicare: «Dopo l’arresto di Gerlandino Messina, nel settembre del 2009 Leo Sutera era diventato il capo della provincia. Sul territorio si assisteva a un incremento delle attività di estorsione e danneggiamenti. E ci siamo assunti la responsabilità di attendere e mettere in secondo piano tutte queste attività per due anni. Con tutte le sofferenze per gli abitanti del territorio. Non dico che abbiamo voluto ritardare quelle indagini, ma noi abbiamo dovuto considerare queste cose secondarie rispetto all’esigenza di prendere Messina Denaro».
Da quella vicenda che creò polemiche furiose sul mancato coordinamento da parte dell’allora procuratore Francesco Messineo erano comunque rimasti fuori altri sette mafiosi tenuti sott’ occhio dal Ros e carabinieri impegnati nella caccia a Messina Denaro. Con la speranza che almeno uno degli amici di Sutera, finito dentro il grande capo di Sambuca di Sicilia, lo sostituisse nei rapporti con Messina Denaro. Sono così continuate complesse indagini effettuate con microspie e telecamere piazzate nelle strade di campagna, accanto a casolari sperduti, sui pali della luce per captare movimenti e conversazioni. Ma l’obiettivo numero uno non è stato raggiunto e, dopo altri quattro anni, si è deciso comunque di fare scattare le manette per Giuseppe Genova, adesso accusato di essere il capo della famiglia mafiosa della vicina Burgio, Andrea e Salvatore La Puma, padre e figlio, Gaspare Ciaccio, Vincenzo Buscemi, Massimo Tarantino e Luigi Alberto La Sala. Conferma di un controllo del territorio che comunque per i boss traballa sempre di più, come auspica il comandante dei carabinieri di Agrigento, colonnello Mario Mettifogo.