L’archivio storico a Marsala, che si trova in piazza Carmine, sta scomparendo. Si stanno trasferendo gli ultimi documenti, si stanno mandando in discarica le ultime cianfrusaglie inutili. Molti documenti ormai inutilizzabili andranno al macero, quelli buoni vengono trasferiti alla biblioteca comunale. Tra questi atti comunali, di decenni, anche secoli fa. Mentre la città oggi dovrebbe festeggiare i 70 anni dalle prime elezioni libere del consiglio comunale, l’archivio storico ha fatto ormai la sua storia, e ne ha cancellato molta.
Ci sono delibere di consiglio comunale, atti comunali pre e post bellici, pre e post Unità d’Italia. La storia della città, in pagine di giornali ingiallite, libri storici da maneggiare con cura che sotto il soffitto che si stava sbriciolando dell’Archivio Storico rischiavano di scomparire. Alcuni sono quasi da macero, come dimostrano queste foto. Tanto materiale, poi, è composto da atti che il Comune deve conservare ma che ancora non sono catalogabili in documentazione storica, ma hanno solo un valore amministrativo. E’ tutta la storia della città di Marsala che si sta trasfersferendo alla Biblioteca comunale.
I motivi li abbiamo raccontati tempo fa, con l’amministrazione comunale che ha messo in pratica una decisione presa dal commissario straordinario oltre un anno fa. Il Comune per risparmiare sugli affitti ha deciso di lasciare la vecchia chiesa in piazza Carmine, di proprietà della Curia. Un risparmio di circa 28 mila euro l’anno. Ma quell’edificio di danni ne ha fatti. L’umidità, il tetto che si sbriciolava ad ogni colpo di vento, le precarie condizioni dei locali non hanno aiutato in questi anni la conservazione di importanti doumenti storici. Ora si tenta di salvare il salvabile. E tra i quei documenti c’è qualcosa che risale a decenni fa. C’è la storia, ad esempio, del consiglio comunale di Marsala, che proprio oggi compie 70 anni.
Il 7 aprile del 1946, infatti, i marsalesi votarono il primo consiglio comunale dell’Italia liberata. Una data storica, perchè si tornò a votare dopo oltre 20 anni di dittatura fascista. Le ultime elezioni si erano tenute nel maggio del 1923, come ha ricordato sul Vomere Gaspare Li Causi. Era un’epoca in cui la politica aveva senso, in cui la gente si aspettava una democrazia forte, con una concreta partecipazione popolare. Con i partiti visti come espressioni del popolo, e non di comitati d’affari. Era un’epoca in cui il consiglio comunale aveva un grande potere, quello di eleggere il sindaco della città.
Era l’epoca del Pci, che candidava Vito Pipitone, ucciso l’anno dopo dalla mafia. Erano le elezioni in cui si candidarono per la prima volta le donne, e la prima e l’unica in quella tornata elettorale ad entrare a Sala delle Lapidi fu Antonina Napoli. Era l’epoca di Salvatore Grillo, di Stefano Pellegrino, di Vito Giacalone, Ignazio Adamo, Diego Giacalone, Francesco Pizzo e altri pezzi di storia della città.
Era l’epoca di una città ancora distrutta dal bombardamento dell’11 maggio 1943, con le macerie nel centro storico, con un popolo povero, e che attendeva interventi concreti dalla politica. Prima cosa un tetto sotto cui vivere. Era l’epoca della sfida tra la Democrazia Cristiana e il Partito Comunista. Ma quelle elezioni videro il successo del Pri, i repubblicani ottennero 7080 preferenze. Seguiti dal Pci con 5505, poi Psi 4642 voti, la Dc ottenne 2614 preferenze, il partito Democrazia del Lavoro 2386 voti. Era l’epoca del partito dell’Uomo Qualunque, che ottenne 1368 preferenze. Il Partito d’Azione ebbe 934 voti e il Partito Operaio Progressista 440 preferenze.
Un’epoca storica per la città, contenuta in molti di quei documenti che adesso sono da salvare. Dopo anni in una struttura umida e decadente, come la politica dei giorni nostri.