Si chiama Beatrice l'ultimo esemplare di tartaruga Caretta caretta che sabato 5 novembre, alle ore 11, presso la spiaggia di San Giuliano a Erice, verrà liberata in mare, dopo la completa guarigione. La tartaruga è stata recuperata, soccorsa e assistita dai biologi marini e dai veterinari del Centro di Primo Soccorso per Tartarughe Marine dell’Area Marina Protetta “Isole Egadi”. Alla liberazione prenderanno parte il sindaco del Comune di Favignana e presidente dell’AMP, Giuseppe Pagoto, il Sindaco di Erice, Giacomo Tranchida, il Comandante Giuseppe Guccione, della Capitaneria di Porto di Trapani, oltre ai rappresentanti al Servizio 19-U.O.03 - Ripartizione Faunistico Venatoria di Trapani. Beatrice, una femmina adulta di circa 76 cm di lunghezza e 52 kg di peso, all’arrivo al Centro presentava visibili ferite multiple da costrizione sulle pinne anteriori. Dalla visita veterinaria è emersa la presenza di un amo da tonno in esofago prossimale. Il veterinario ha provveduto alla rimozione dell’amo, che per fortuna non aveva causato particolari lesioni. Destavano preoccupazione, invece, le ferite agli arti anteriori e in particolare alla pinna anteriore destra, dove la costrizione della lenza aveva provocato una ferita profonda, con compromissione della circolazione e parziale necrosi della parte distale dell’arto. Le medicazioni e i curettage delle lesioni, effettuate costantemente dallo staff veterinario, hanno scongiurato l’amputazione dell’arto consentendo a Beatrice di tornare a nuotare senza alcuna difficoltà.
“Beatrice – spiega il direttore dell’AMP, Stefano Donati - è stata vittima di cattura accidentale da parte di un palangaro derivante, utilizzato per la pesca dei grandi pelagici. Nel complesso questo attrezzo, assieme ai palangari da fondo, è responsabile di circa il 40 per cento delle morti di tartarughe marine nel Mediterraneo. Oltre ai danni provocati dall’amo, rappresentano una minaccia le lenze ad esso legate, soprattutto se vengono lasciate lunghe nell’atto di tagliarle per liberare l’animale. Una lenza lunga, se ingerita, può, assieme all’amo, generare lesioni interne, che nella maggior parte dei casi si rivelano mortali. Nel caso di Beatrice la lenza non è stata ingerita ma si è avvolta attorno agli arti, compromettendo la sua capacità di nuoto e generando lesioni reversibili”.