“Oggi Castelvetrano è più bella! – ha commentato Elena Ferraro, l’imprenditrice che denunciò un cugino di Matteo Messina Denaro che pretendeva il pizzo dal suo centro diagnostico - Avanti tutta con le forze di polizia, la magistratura, gli uomini e le donne onesti di questa città”.
Come ha sottolineato il comandante provinciale Stefano Russo, gli arresti dell’operazione Ebano hanno riguardato l’asse pubblica amministrazione – mafia – imprenditoria, ma non ha torto il sindaco Felice Errante sull’estraneità della politica cittadina in queste dinamiche e sull’accento di alcuni media nazionali che, nel raccontare i fatti non sono poi stati così obiettivi.
“In attesa dello svolgimento delle indagini ed in via cautelativa, ho dato espresso mandato al segretario generale e al dirigente del settore servizi tecnici – ha scritto Errante - di non consentire loro la partecipazione, a qualunque titolo, in procedimenti d’appalto”.
I lavori pubblici di cui si parla nell’operazione Ebano riguardano la “demolizione di fabbricati fatiscenti all’interno dell’ex autoparco comunale di Piazza Bertani”, la "manutenzione ordinaria di strade e fognature comunali – anno 2014” e la “realizzazione della condotta fognaria acque nere nella Via Montessori”. Quest’ultima non è però stata assegnata né alle imprese dei Firenze e nemmeno alle altre satelliti per cui, considerando i termini economici degli altri due lavori che rimangono, affidati invece alla Multicostruzioni, abbiamo 21.600 euro per il primo e 108.993 euro per il secondo.
Attualmente, con due appalti per un valore complessivo di meno di 130.000 euro, sarebbe quantomeno una forzatura considerare il Comune di Castelvetrano come un forziere facente parte un sistema di finanziamento della latitanza di Matteo Messina Denaro, messaggio che invece ha rischiato di essere veicolato in base alle solite semplificazioni che spesso montano tra i commenti di una pagina social e un titolone acchiappa lettori.
Certo, la vicinanza dell’imprenditore Rosario Firenze ai Messina Denaro è indubbia, lo dicono le indagini, confermate anche dalle dichiarazioni del collaboratore di giustizia Lorenzo Cimarosa. Ma rimangono ancora oscure le modalità con cui il denaro andasse a finire concretamente nelle tasche del boss. E’ come se le tracce si fermassero ai prelievi che Firenze faceva al bancomat. A chi desse poi quei soldi, non è dato sapere.
Sembra in qualche modo un dejà vu. Qualcosa di simile infatti era già successo nel 2011, quando Giuseppe Grigoli, il re dei supermercati Despar condannato per mafia in via definitiva, aveva detto di essere stato vittima del sistema estorsivo di Matteo Messina Denaro, attraverso il fratello Salvatore e i cognati Vincenzo Panicola e Filippo Guttadauro. Nell’ambiente, in molti avevano sospettato un possibile “pentimento” e, prima di “prendere provvedimenti” bisognava capire se effettivamente quelle dichiarazioni fossero state davvero autorizzate dal boss. Ed è alla sorella Patrizia che era stato richiesto di accertare presso il vertice come stessero davvero le cose.
La risposta non si era fatta attendere: “Lasciatelo stare”, era stato il messaggio che la primula rossa aveva dato alla sorella (pare de visu). Messaggio poi riferito al marito di lei Vincenzo Panicola, durante un'altra visita in carcere.
Ecco, anche qui, dove e come Patrizia Messina Denaro avesse incontrato il fratello non è dato sapere.
Anche il “mistero” della ditta di Saro Firenze, non depennata dall’elenco delle imprese di fiducia del Comune di Castelvetrano potrebbe anche non essere un fatto così strano. In quell’elenco infatti c’è anche la B.F. Costruzioni dei Filardo e la M.G. Costruzioni dei Cimarosa, sequestrate già nel 2014. E se, magari superficialmente, si fosse proceduto più per aggiunte che per aggiornamenti?
Oggi il boss è ancora libero. La sua cattura ha un andamento asintotico, come quelle curve che in matematica si avvicinano all’infinito senza mai toccarsi. L’impressione è che ormai, da anni, si tratti di un percorso che tocca negativamente un sacco di gente, dagli stessi familiari di Matteo Messina Denaro, finiti quasi tutti nelle patrie galere, agli imprenditori e a chiunque risulti più o meno direttamente “vicino” al latitante. Perfino l’immagine della città da anni continua a patire di questa presenza ingombrante che gli stessi cittadini e i vari sindaci che si sono succeduti vorrebbero sostituire col pane nero, con le olive della Nocellara e col parco archeologico più grande d’Europa.
E’ come se la latitanza del boss producesse ogni due anni i fisiologici arresti invernali, che la città comincia a percepire quasi come ineluttabili.
Ecco, se la mafia uccide solo d’estate, la magistratura arresta solo d’inverno.
C’è da chiedersi quante stagioni dovranno ancora passare prima che arresteranno il capo.
Egidio Morici