La manutenzione, questa sconosciuta. L'assenza di una cultura della manutenzione, il taglio lineare delle risorse, gli arrugginiti iter burocratici, giorno dopo giorno, stanno mandando in malora strade, scuole, edifici pubblici, e beni culturali. Lungo lo Stivale, in Sicilia e per finire fin sulla collina di Salemi.
Esempi emblematici, tantissimi. Spesso incomprensibili e paradossali. Come quello dal famigerato sasso del Cilento che, rovinato su una panoramica strada provinciale, dopo oltre un anno, non e' stato rimosso per conflitto di competenze. Oppure il lento e continuo frantumarsi dei muri di Pompei. Come anche le periodiche frane di massi, detriti e fango che da Monte delle Rose, rotolando a valle, invadono case, strade di Salemi.
Quanti sprechi e misfatti in sua assenza, maestà manutenzione! Come ad esempio, sempre a Salemi, l'incredibile vicenda del Palazzetto dello Sport. Inaugurato nel giugno del 2007, dopo qualche anno, presentava sulla sua sommità una rovinosa falla con la conseguente infiltrazione di acqua piovana. Sarebbero bastati poche migliaia di euro per evitare un danno maggiore. Cosa che invece non avvenne. Come era facilmente prevedibile, la pioggia, penetrando all'interno della tensostruttura, provocò danni irreversibili al modernissimo sottostante parquet . Il mancato intervento non solo ha privato la città di una struttura sportiva, ma se si vuole riportarla alla fruizione pubblica oggi la somma sarebbe di molte decine di migliaia di euro.
Episodi, questi, che una sistematica manutenzione (ordinaria) eviterebbe quella straordinaria, certamente più costosa. E se fosse questo il vero motivo della sua assenza?
Da qualche mese sarebbe il caso d' intervenire con una buona e provvidenziale manutenzione del bene culturale denominato "Fornace Famiglia Santangelo", affidato dal 2007 all'Associazione Gruppo Archeologico "Xaipe". Ma identico discorso andrebbe fatto per il cosiddetto "Museo etno-antropologico".
Ma andiamo con ordine.
Fino agli anni '60 del secolo scorso, erano operanti a Salemi ben dieci fornaci, cinque delle quali dislocate in un'area di poche centinaia di metri quadrati, per l'esattezza, nei pressi dell'ultima curva dell'attuale via Antonino Lo Presti, poco prima di arrivare in Piazza Cappuccini. Ma non tutte producevano gli stessi prodotti. La lingua siciliana (che non e' un dialetto), a differenza dell'italiano, e' più precisa e le distingue con un nome diverso in base alla produzione. Le due fornaci che producevano gesso si chiamavano "carcara ri issu" o "issalora", una si trovava lungo la strada che porta a Settesoldi e l'altra invece in una zona denominata con il toponimo "Gessi". Le restanti otto erano i famosi "stazzuna" . Ma non tutti producevano gli stessi prodotto. Alcuni erano specializzati in materiali per l'edilizia: mattoni di tutte le dimensioni, tegole, ( maruna, marunedda, coppi)". Altri invece in contenitori in terracotta come ad esempio vasi, giare, lemmi, bumbuli, 'nziri, quartare. La materia prima era l'argilla. Mentre gli stazzunara serano gli artigiani addetti alla realizzazione dei manufatti. "Lu mastru stazzunaro" , un vero maestro del tornio, esercitava un mestiere magico perché antico come il mondo.
Nel 2001 la Giunta di Luigi Crimi trova giacente da 12 anni (sic) nei cassetti comunali un progetto esecutivo che prevedeva il recupero come bene culturale della Fornace appartenuta fino al sisma del 1968 alla famiglia Santangelo, l'ultimo della quale abbandona il mestiere degli avi preferendo intraprendere la via dell'emigrazione in Germania, come tanti in quel periodo post terremoto.
Amministrazioni comunali e commissari si susseguono, ma la nuova struttura già ultimata da oltre cinque anni costata 400mila euro circa, rimane però sbarrata e inutilizzata. Bisogna aspettare il 2007 perché venga assegnata all'associazione "Gruppo Archeologico Xaipe" di Salemi, che con i suoi aderenti, tutti volontari e attrezzati culturalmente, opera in città nell'ambito delle ricerche archeologiche, ma anche nell'organizzazione di mostre ed eventi culturali di un certo livello. Da qualche anno l'Associazione coltiva un progetto ambizioso. Trasformare il sito comunale che detiene in concessione in un Museo di Ceramica, grazie anche alle donazioni ricevute da Francesco Giancontieri, l'ultimo "stazzunaru" di Castelvetrano, ma anche maestro ceramista, che si era distinto per una accurata ricognizione lungo tutto il vasto territorio della Valle del Belice, alla ricerca delle antiche fornaci, ormai in disuso. L'Associazione dal maestro ha ricevuto una serie di riproduzioni di vasi e ceramiche di scuola greca e romana, uno stemma in terracotta del Comune di Salemi, un antico tornio a pedale e un'infinita serie di manufatti recuperati nel periodo di ricerca effettuato nel Belice.
Come si vede, ci sono tutti gli ingredienti necessari per iniziare e portare a termine il progetto che prevede la istituzione di un Museo della Ceramica con il fine di avvicinare le nuovissime generazioni, i bambini soprattutto, a questa forma artistica attraverso laboratori organizzati nel periodo estivo.
I responsabili del "Xaipe", il logo dell'Associazione e, stato ricavato da un mosaico scoperto in una delle numerose campagne archeologiche, ci sperano tanto. Li vogliamo citare tutti, sperando di non dimenticare nessuno: Chiara Caradonna, Caterina Loiacono, Caterina Angelo, Giovanna Nuccio, Giovanni Saladino, Leonardo Timpone, Mariella Spagnolo, Rosanna Sanfilippo, Anna Cutrona, Antonina Crimi, Giovanna Gucciardi, Titti Angelo, Claudia Sinacori e Vita Iacono. E, naturalmente, Leonardo Lombardo, che dell'Associazione e' sempre stato l'animatore e il direttore.
Tutto questo per dire che la sede, attualmente utilizzata dall' Associazione, necessita di un intervento urgente di manutenzione. Lo richiede, inascoltato, da qualche anno Leonardo Lombardo. In una delle sue ultime richieste del tre agosto scorso ha scritto che "serve urgentemente una manutenzione straordinaria per eliminare in maniera definitiva le continue infiltrazioni di acqua piovana che già compromesso il funzionamento di una delle due porte a vetro e la stabilità delle due ultime travi in legno che reggono il soffitto".
Qualcuno ha detto che le case abbandonate sono come le persone. Ci sono quelli che tengono duro, ma altri che crollano. Che non sia questo il caso!
Franco Ciro Lo Re