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02/04/2017 08:12:00

"Quella sporca sacca nera", rivisitazione nostrana dello spaghetti - western

 Con l’arrivo della Primavera, “Stalker” apre una piccola finestra retrospettiva su un aspetto peculiare del recente cinema nazionale. Cinema traviato da una serie di contraddizioni e di fenomeni controversi, ma che con l’avvento del digitale e delle possibilità distributive legate ai canali alternativi, ha visto nascere interessanti esperimenti di produzione e di distribuzione.

Nel primo decennio del nuovo secolo, all’accentrarsi dei capitali produttivi, alle sconsiderate politiche di promozione pubblica (in cui si salvano poche cose, e tra queste la ‘politica degli autori’ professata da Raicinema), ed alla sostanziale morte dei ‘generi cinematografici’ (per la verità, da qualche anno tornati all’attenzione di alcuni registi), molte realtà artistiche hanno risposto con prodotti a basso o a bassissimo costo, facendo tesoro delle esperienze del settore documentaristico (l’unico ‘genere’ che in Italia vanta un saldo quantità/qualità nettamente in attivo), e rimodellando – aggiornandoli ai gusti di un fantomatico pubblico medio, sempre fluttuante ed indecifrabile – alcuni stilemi delle vecchie scuole cinematografiche del Belpaese. Quindi, lo spaghetti-western, la commedia all’italiana, la narrazione horror, il melodramma letterario, il fantastico ad episodi.

Detto ciò, da questa domenica – e per le prossime del mese – Tp.24.it vi presenta cinque opere italiane realizzate con poco o poco più di tanto (da 2 mila a 80 mila euro!), molta passione cinefila e qualche inaspettata sorpresa.

Se si sta al gioco, magari ci si diverte pure.

 

#10 “Quella sporca sacca nera” (2015, western, 60’ minuti circa)

Dimenticatevi di Sergio Leone, mettete da parte lo sguardo di ghiaccio di Super-Clint in “Per un pugno di dollari”, non fate mente locale su eroi già molto ‘pulp’ come Django e Sartana, perché di ciò non troverete quasi nulla in questo film. Per non parlare dell’epopea classica che dal famoso sparo verso la macchina da presa di Justus D. Barnes (era più di un secolo fa, in “The great train robbery”!), è giunta sino a noi con la neo-rinascita del genere. Dal mainstream di “The revenant” e di Tarantino, mediando per prodotti ibridi come “Bone tomahawk” (a me, sinceramente, non piaciuto) o “The homesman” (invece, molto pregevole), per andare parare – infine – a decine di prodotti che non avranno mai l’onore della ribalta ma degni di una visione appassionata. “Slow west”, “Meek’s cutoff”, “Lo straniero della valle oscura”, “Sweetwater”, et cetera, et cetera, et cetera…

Quello che conta in questo esperimento nato per caso e per passione (tre amici: Mauro Aragoni, Ignazio Chessa ed Antonio Luvinetti; qualche migliaio di euro a disposizione ed un nugolo di collaboratori), è la capacità di metabolizzare generi cinematografici quali l’avventura del West ed il culto dell’orrore, risputare tutto in una sorta di ‘tableau noir vivant’ ed incuriosire grazie ad un livello medio di originalità e di definizione. In tutto questo, “Quella sporca sacca nera” vi riesce egregiamente; lo fa scansandosi dalle buche improvvise delle citazioni fine a se stesse, corteggiando alcune perifrasi visive degne di autori molto più quotati e – soprattutto – lasciando intatta quella patina di puro divertimento (‘fare arte per la propria parte’), che rende merito ad autori e comprimari.

Questa rivisitazione nostrana dello spaghetti-western (girato metà in Sardegna e metà in Nevada), nasce come una web-serie amatoriale (affabulazione che presto o tardi, “Stalker” tratterà con dovizia di particolari, anche se zona limitrofa ed ‘umida’ al grande mondo del cinema vero e proprio), prende piano piano corpo come racconto filmico e poi sboccia, conquistando pure gli States, quale ‘prodotto’ degno di piena considerazione.

Dal niente nasce il tutto. In un’era in cui il cinema pare sezionato, decostruito, frammentato in mille rivoli di utenza e di declinazione, ecco che spunta qualcuno che ricompone la sua unicità (e la sua proverbiale unità artistica). E la fase di gemmazione, di autostima e di attrazione per altre sensibilità ed intelligenze, ne è una naturale conseguenza. “I progetti nati da questo western sui generis sono tanti”, afferma il regista Aragoni, “scrivo parecchio in quest’ultimo periodo. Ho diversi film tra cui uno di mafia, uno horror ed uno di fantascienza. Per le serie, invece, ne abbiamo una nuova in cantiere di genere epico-drammatico-fantasy. Stiamo ovviamente cercando produttori e distribuzione”.

La nuova serie in cantiere si intitola “Nuraghes”, è interamente concepita in Sardegna da professionalità italiane e sta gareggiando con altre idee europee per guadagnarsi la produzione del colosso Netflix!

 

Buona visione, alla prossima domenica ed al prossimo film!

 

Per vedere “Quella sporca sacca nera”, ecco il link:

https://www.youtube.com/watch?v=H_uWHrX6FOU&t=660s

 

Il trailer dell’ultimo lavoro di Aragoni e della Pulp Studio:

https://www.youtube.com/watch?v=_YZLNH2POOk

 

Marco Bagarella