Come abbiamo raccontato ieri per “sua sanità” Pino Giammarinaro è scattata la confisca dei beni per oltre 15 milioni di euro e un provvedimento di sorveglianza speciale per cinque anni disposto dalla Sezione Misure di Prevenzione del Tribunale di Trapani. I beni sottoposti a confisca erano già sotto sequestro preventivo cinque anni fa dopo l’inchiesta coordinata da Giuseppe Linares, e dalla Guardia di finanza. La storia personale e pubblica di Giammarinaro è una fra le più singolari della provincia di Trapani, perché l’ex carpentiere di Salemi di strada ne ha fatta sia in politica che nella sanità. Per anni è stato uno dei politici più influenti della Sicilia occidentale.
Il provvedimento di ieri rientra nell’ambito dell’operazione antimafia “Salus Iniqua”, con la quale la Divisione Anticrimine della Questura di Trapani e dal Nucleo di Polizia Tributaria della Guardia di Finanza di Trapani, hanno accertato i rapporti politico-affaristici in cui Giammarinaro si è mosso beneficiando di sostegno politico per ottenere finanziamenti pubblici regionali, e il condizionamento di importanti settori della vita politica specie del Comune di Salemi, dove Giammarinaro ha sostenuto Vittorio Sgarbi quando divenne sindaco di Salemi.
CURRICULUM POLITICO GIUDIZIARIO - Al lungo curriculum nell’ambito lavorativo e politico, Giammarinaro ha affiancato anche quello giudiziario. E’ stato, infatti, già sotto indagine per mafia e già sottoposto alla misura della sorveglianza speciale. Dal 1985 al 1990 è stato a capo dell'Asl 4 di Mazara del Vallo e dal 1991 al 1995 parlamentare regionale. Nel ‘91 - l’anno in cui al Palagranata di Trapani arrivarono per sostenerlo, Giulio Andreotti e Salvo Lima - il politico salemitano, legato a Ignazio Salvo (secondo le dichiarazioni di Birrittella) fu eletto all’Ars con un voto plebiscitario, con oltre cinquantamila preferenze. In seguito fece perdere le proprie tracce per sottrarsi alle ordinanze di custodia cautelare in carcere del 21 gennaio 1995 per associazione a delinquere contro la pubblica amministrazione e del 23 giugno 1995 per associazione mafiosa.
Il 12 ottobre 1996 decise di costituirsi; condannato il 24 marzo 1998 per peculato e concussione, e' stato assolto il 12 ottobre 2000 per associazione mafiosa. Benche' sottoposto alla misura di prevenzione, nel 2001 lanciò il partito del Biancofiore, per poi confluire nell'Udc, ottenendo 9.277 preferenze alle elezioni regionali del 2001. Per anni l’ex democristiano più influente in provincia di Trapani, la sua influenza riguardava soprattutto la sanità. Nell’inchiesta Salus Iniqua gli inquirenti raccontano che negli anni le nomine dei primari non si facevano se Giammarinaro non dava l’ok.
Nel 2015 è stato indagato con l’ipotesi di reato di appropriazione indebita aggravata in concorso, assieme ad altre cinque persone, tra cui anche la moglie, Giovanna Calistro, di 57 anni. Secondo l’accusa, i sei protagonisti della vicenda si sarebbero appropriati di notevoli somme (complessivamente, circa un milione e 240 mila euro) attinte dalle casse di centri medici e di fisiokinesiterapia di cui Giammarinaro, per gli investigatori, sarebbe stato “amministratore di fatto”, mentre gli altri erano amministratori o soci sulla carta. Il nome di Giammarinaro era tornato alla ribalta anche per gli affari che riguardano l’accoglienza ai migranti anche se ha smentito ogni suo coinvolgimento.
SOSTEGNO E APPROVAZIONE DEI BOSS - Ma Giammarinaro oltre ad avere un sostegno sconfinato da tantissimi cittadini della provincia di Trapani che lo votavano puntualmente alle elezioni, aveva il sostegno di tanti uomini d’onore. C’era quasi una sorta di benedizione ad esempio del boss Vincenzo Virga a spianare la strada politica di Giammarinaro. Il boss aveva consapevolezza del "valore" del politico e lo testimoniò con le sue parole. Di strada, il carpentiere di Salemi, ne aveva già fatta, visto che era stato nominato, prima presidente dell’ospedale di Salemi e nel 1985 a capo dell’USL n°4 di Mazara del Vallo comprendente anche le città di Salemi e Castelvetrano. Nel 1991 in occasione delle elezioni regionali, che vedevano Pino Giammarinaro candidato, ci fu un incontro tra l’allora capomafia di Trapani, che commentò così: “Questo è un picciotto sperto che farà strada”, riferendosi a Giammarinaro.
Questi i contenuti delle dichiarazioni rese dal collaboratore di giustizia ed ex patron del Trapani Calcio, Nino Birrittella, durante un’udienza del procedimento per l’applicazione delle misure di prevenzione nei confronti dell’ex deputato della Dc.
Secondo quanto sostenuto da Birrittella, dunque, la mafia, che, fino a quel momento, aveva appoggiato la candidatura di Francesco Canino, decise di puntare su Giammarinaro per avere un contatto all’assemblea siciliana. “Canino sosteneva un clientelismo di piccolo cabotaggio, Giammarinaro garantiva accesso a grandi finanziamenti”, avrebbe detto Virga motivando la scelta di sostenere quest’ultimo.
DICHIARAZIONI COLLABORATORE DI GIUSTIZIA FONDACARO - Ma negli ultimi tempi a parlare di Pino Giammarinaro e dei suoi rapporti con i mafiosi ci ha pensato anche il collaboratore di giustizia Marcello Fondacaro, un colletto bianco di Gioia Tauro vicino alla ndrina dei Piromalli-Molè, che con le sue dichiarazioni ha mostrato di sapere un sacco di cose sulla Sicilia e sulla provincia di Trapani in particolare. Fatti emerse con forza in occasione del procedimento penale per l’applicazione della sorveglianza speciale e la confisca dei beni a carico di Giammarinaro.
Fondacaro racconta il sistema Giammarinaro e le sue connessioni con la mafia. Nomi, cognomi e circostanze che coprono un periodo di tempo abbastanza ampio, dai primi del 1990 fino a pochi anni fa. Il collaboratore di giustizia sa molte cose sulla sanità in Sicilia, ha aperto diversi laboratori di analisi. Secondo le deposizioni di Fondacaro, gli avrebbe detto: “Tu vieni a Mazara del Vallo e non chiedi il permesso prima di comprare una cosa, non sai se interessa a qualcun altro”.
“Quando ho capito come stavano le cose – racconta il pentito - ho detto: ‘Va bene, se vi interessa ve lo cedo subito’. Infatti fui autorizzato ad aprire un altro laboratorio sempre dal medico provinciale (Giovanni Gentile), da Pino Giammarinaro e da Totò Cuffaro, perché allora era il direttore medico dell’Ispettorato alla Sanità della Regione Siciliana, insieme a Nino Dina che fece i controlli e fece le varie autorizzazioni, fu autorizzato il trasferimento e l’acquisto del laboratorio A.C.C. diverso dal laboratorio Amabili; quello Amabili l’ho venduto, dopo tanti anni l’ho venduto dopo il ’99. Quindi Pino Giammarinaro non sopportava l’idea che avesse perso questa piccola parte della sanità locale importante per lui perché significava voti, significava altro”.
Ma è da Giovanni Gentile, il medico provinciale, che il collaboratore di giustizia apprende molte cose. Originario di Campobello di Mazara, ha un fratello architetto ed è titolare di un laboratorio di analisi cliniche a Mazara del Vallo.
“Giovanni Gentile mi parla dei suoi interessi nell’ambito sanitario – dice Fondacaro - e dei suoi rapporti con Pino Giammarinaro e con la famiglia Denaro prima, cioè in pratica con l’anziano padre, Francesco Messina Denaro… Erano, diciamo, compaesani, perché si può dire che Francesco Messina Denaro era più su Campobello che su Castelvetrano”.
La figura di Gentile spunta in molte operazioni fatte da Giammarinaro. “Gentile è socio della clinica Morana insieme a Pino Giammarinaro. Giammarinaro non risulta socio diretto – continua Fondacaro - Lui cosa fa? Sa che devono aprire, per esempio, un laboratorio o una palestra di fisioterapia o una struttura convenzionata per quanto riguarda la riabilitazione? Benissimo, allora il medico va ad aprire una cosa del genere, prima di andare a fare le istanze alla Regione, sa che deve parlare con Pino Giammarinaro e lui gli dice quanto deve entrare in percentuale con lui. Sia pure informalmente lui è proprietario anche di una minima quota della società che dovrà essere convenzionata e accreditata. Così come il centro di emodialisi nella provincia di Trapani e tutti i centri di fisioterapia e riabilitazione della provincia di Trapani, Mazara, Marsala, Alcamo, fino ad Alcamo da Mazara fino ad Alcamo sono tutti riconducibili a Pino Giammarinaro”.
Il potere di “sua sanità”, secondo il pentito Fondacaro, risiederebbe nella capacità di muovere decine di migliaia di voti.
Ma a dare l’autorizzazione definitiva per l’apertura di centri sanitari era la mafia: “Giammarinaro non faceva nulla se non c’era il placet mafioso anche della famiglia dei Messina Denaro – racconta il pentito - Prima con il padre Francesco e poi con il figlio Matteo. I suoi ambulatori, poliambulatori e tutto il resto, che sono gestiti da prestanome, vengono aperti solo dopo autorizzazione della mafia”.
Un meccanismo di interscambio fatto anche di posti di lavoro: “Lui prende i voti e fa sistemare le persone – afferma Fondacaro - per esempio negli ospedali le assunzioni le determinava tutte il Pino Giammarinaro dal ’90 fino ad oggi, perché i referenti della Direzione della ASL di Trapani li nomina Pino Giammarinaro, quindi il direttore generale viene nominato da Pino Giammarinaro. Quello al consiglio regionale quindi è Pino Giammarinaro che lo determina […] Un’associazione medica ufficialmente di professionisti nell’ambito sanitario che però si muove in funzione di quello che decidono le associazioni mafiose del posto, le famiglie di mafia del posto. Della provincia di Trapani, perché so che Giammarinaro, oltre ad avere interessi nelle nomine dei direttori per quanto riguarda le sistemazioni dei suoi elettori, determina anche gli acquisti di farmaci, approvvigionamenti per le ASL".
E su Giammarinaro, oltre ai già citati collaboratori di giustizia, ci sono anche le dichiarazioni rese in udienza dal collaboratore Angelo Siino. Anche il ministro dei Lavori Pubblici di cosa nostra parlò del sostegno elettorale a Giammarinaro della mafia nel 1991, “me lo disse mastro Ciccio (Francesco Messina), mafioso di Mazara”, le parole di Siino.