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26/05/2017 07:15:00

Processo ai "postini" di Messina Denaro. Spunta fuori anche l'incendio di un'auto

 L’incendio di un’auto al figlio dell’anziano pastore castellammarese che ha venduto il suo gregge al presunto capomafia mazarese Vito Gondola e il pagamento in “nero” di una parte di quanto pattuito per l’affare vengono nel processo “Giglio Sergio + 4”, il troncone “ordinario” scaturito dall’operazione antimafia “Ermes” del 3 agosto 2015. Alla sbarra sono alcuni presunti “postini” del superlatitante Matteo Messina Denaro. E in particolare, Sergio Giglio, 47 anni, allevatore di Salemi, pregiudicato, il presunto capomafia di Mazara Vito Gondola, 79 anni, detto “Vito Coffa”, il genero Giovanni Mattarella, di 51, commerciante, Ugo Di Leonardo, di 75, ex geometra del Comune di Santa Ninfa, incensurato, e Leonardo Agueci, di 29, ragioniere incensurato di Gibellina. Dei cinque, solo Giglio è ancora in carcere. Di Leonardo e Gondola, infatti, sono ai domiciliari, mentre Mattarella e Agueci, accusati “solo” di favoreggiamento (e non di associazione mafiosa come Di Leonardo e Giglio), sono tornati in libertà.

L’INCENDIO.  Il fuoco fu appiccato all’Opel Corsa del figlio di Liborio Ancona che tra il 2010 e il 2012, dopo lunghe e complesse trattative, con dissidi sul prezzo inizialmente pattuito, circa 20 mila euro, vendette il suo gregge a Gondola.

A parlare dell’incendio dell’auto, in Tribunale, a Marsala, è stato Francesco Giuseppe Ancona, 51 anni, figlio di Liborio, affermando, però, di non ritenere il Gondola, con il quale ci furono screzi durante le trattative per la vendita delle pecore, responsabile dell’accaduto.

“Il nome della persona che io sospettavo – ha dichiarato Peppe Ancona - l’ho fatto nella denuncia che ho presentato dopo l’incendio dell’auto, che mi pare era intestata a mia moglie. Il mio sospetato è Arena Giuseppe, il mio ex datore di lavoro con il quale ho avuto una serie di problemi. Con Gondola la trattativa è stata civile, anche se questa è una mia impressione. Poi, tutto può accadere nella vita. Mi pare che la restituzione degli 8 mila euro a Gondola per la mancata cessione, da parte nostra, delle quote latte fu prima dell’incendio dell’auto”.

Poi, a seguito delle domande poste dal presidente Gulotta, viene fuori anche il pagamento in “nero” di una parte della somma stabilita per il trasferimento del gregge. In nero furono incassati da Liborio Ancona gli 8 mila euro (su circa 20 mila) poi restituiti per la decisione di non cedere le quote latte.

“Al nostro patronato – ha spiegato Ancona junior – ci hanno spiegato che era cambiata la legge e le quote non erano più legate agli animali, ma al terreno e che quindi non ci conveniva venderle. Non ho subito minacce o pressioni per restituzione somma 8 mila euro… certo Gondola si è arrabbiato… inizialmente voleva 10 mila euro..”.

Il pagamento “in nero” è stato ammesso in aula (non poteva fare diversamente) dallo stesso “Peppe” Ancona, che ha cercato di giustificarsi affermando: “Fu un accordo tra mio padre e Gondola”. In precedenza, su domande avvocato Carlo Ferracane, il figlio del pastore che vendette le pecore a Gondola aveva dichiarato: “Mio padre, Liborio, era allevatore di ovini e bovini. Si decise ad andare in pensione nel 2010. Le ultime pecore sono state vendute alla moglie di un certo Gondola, non ricordo nome, ma soprannome: Coffa. Mi padre era anziano e quindi io ho sparso la voce che le pecore erano in vendita. E tra gli altri, l’ho detto anche a Sergio Giglio, che poi si presentò con questa richiesta di acquirente. Della vendita mi occupai anche io. Mi occupai della documentazione. Tutto è andato come pattuito, tranne un particolare: Gondola fece domanda espressa a mio padre: questi animali hanno le quote per avere il contributo? Mio padre rispose di si. Io presi per buone le parole di mio padre, ma poi il patronato disse a mio padre era un pazzo se cedeva quote… la normativa era cambiata… le quote non erano più legate agli animali ma al terreno e da lì si innescò una trattativa perché l’animale vale meno senza quote… Per risolvere questione passò più di un anno… alla fine si è chiusa con restituzione, da parte nostra, di 8 mila euro… Io, però, non ho più visto controparte. Se ne occupò Sergio Giglio… a lui diedi il denaro che mi diede mio padre e presumo l’abbia dato a Gondola. Era il 2012. Dovevamo vendere per circa 20 mila euro, ma alla fine le pecore furono vendute per 11.198 euro, con assegno”. Ed è a questo punto che il presidente Gulotta fa notare che gli 8 mila euro non figuravano nella fattura emessa.