Informativa
Questo sito o gli strumenti terzi da questo utilizzati si avvalgono di cookie necessari al funzionamento ed utili alle finalità illustrate nella cookie policy.
Se vuoi saperne di più negare il consenso a tutti o ad alcuni cookie, consulta la cookie policy.
Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie. I cookie ci aiutano a fornire i nostri servizi.
Utilizzando tali servizi, accetti l'utilizzo dei cookie. Cookie Policy   -   Chiudi
20/06/2017 18:15:00

Michele Licata e famiglia tutti rinviati a giudizio a Marsala. Processo a Settembre

 L'imprenditore Michele Licata e la sua famiglia sono stati tutti rinviati a giudizio dal Tribunale di Marsala. Il processo comincerà a Settembre. 

Michele Licata, ex imprenditore leader del settore ristorazione-alberghiero, è stato travolto da un’indagine per evasione fiscale, truffa allo Stato e malversazione, e i suoi suoi sei familiari sono accusati di ricettazione.

Michele Licata è già stato condannato a 4 anni 5 mesi e 20 giorni di carcere. Condannate, per alcuni capi d’imputazione, anche le figlie Clara Maria e Valentina, imputate per ricettazione anche in questo secondo procedimento insieme al padre, alla madre, Maria Vita Abrignani, alla sorella Silvia, alla nonna Maria Pia Li Mandri e a Roberto Cordaro, marito di Valentina e figlio del consigliere comunale del Pd Pino Cordaro.

Secondo l’accusa, Michele Licata, per evitare altri sequestri, avrebbe versato somme di denaro sui conti correnti dei suoi familiari.

 Questo secondo filone d’indagine è nato cercando il “tesoro” di Michele Licata. E’ stato così che la Guardia di finanza (Nucleo di polizia tributaria di Trapani e sezione di pg della Procura), nell’ottobre 2015, ha sequestrato denaro contante per 50 mila euro e assegni per circa un milione e 200 mila euro. E proprio in quel momento finì indagato l’intero nucleo familiare di Michele Licata. Per auto-riciclaggio e ricettazione.

Dall’inchiesta, infatti, è emerso che Michele Licata, per evitare, secondo l’accusa, di subire ulteriori sequestri, avrebbe tolto somme di denaro dai sui conti correnti per versarli su quelli di suoi familiari (la moglie Maria Vita Abrignani, la madre Maria Pia Li Mandri e la figlia Silvia) fino a quel momento non indagate, ma per questo chiamate a rispondere del reato di ricettazione, come pure la figlia Valentina e il genero Roberto Cordaro. Il reato di ricettazione sarebbe stato commesso in danno di alcune loro stesse società, dalle cui casse sarebbe stato prelevato denaro (circa 10 milioni di euro) poi depositato sui loro conti correnti personali.