Il 54enne marsalese Marco Zizzo è stato condannato dal giudice monocratico Lorenzo Chiaramonte a un anno e mezzo di reclusione per estorsione in danno di due dipendenti del punto Snai di via dello Sbarco (angolo via Verdi), a Marsala. Contestualmente, però, Zizzo è stato assolto da altre due accuse: violenza privata e danneggiamento. A difenderlo è stato l’avvocato Antonino Rallo, che nella sua arringa ha evidenziato che manca, comunque, il presupposto fondamentale dell’estorsione. E cioè la minaccia.
“I dipendenti del Punto Snai – sottolinea il legale, preannunciando appello – hanno detto in aula che non si sentivano minacciati, ma che davano il denaro per consentire a Zizzo di continuare a giocare”. Per Zizzo, il pm aveva chiesto due anni di carcere. Secondo l’accusa, il 54enne marsalese, tra il 2009 e il 2010, avrebbe estorto denaro a due dipendenti del punto Snai, costringendoli anche, tra settembre e ottobre 2010, a staccare il monitor di una delle “slot machine”, in modo da farle sembrare non funzionanti agli altri clienti.
L’accusa più grave, naturalmente, era quella di estorsione, contestata in relazione a due episodi. Uno del febbraio 2009, l’altro del novembre 2010. Nel primo caso, Zizzo avrebbe costretto uno dei due dipendenti del punto Snai “minacciati”, Salvatore Lo Grasso (l’altro è Bruno Claudio Manfrè), a consegnarli 200 euro, nel secondo caso 500 euro. Nel decreto che, a suo tempo, ha disposto il giudizio si leggeva che in quel centro scommesse Marco Zizzo “si recava quotidianamente da circa quattro anni per giocare alle slot machine” e che se Lo Grasso e Manfrè “non avessero aderito alle sue richieste di denaro, avrebbe distrutto tutte le macchinette per poi appropriarsi dei soldi contenuti nei cassetti”.
Con queste minacce, Lo Grasso, quindi, sarebbe stato costretto a pagare. E sempre per il timore di subire tali danneggiamenti e furti, i due dipendenti sarebbero stati costretti “ad aprire quotidianamente gli apparecchi, al fine di controllarne il contatore interno, così procurandosi l’ingiusto profitto consistente nella possibilità di scegliere, tra le sei slot machine in sala, quella che gli avrebbe garantito maggiori probabilità di vincita”. Ad un certo punto, però, i dipendenti, per i quali Zizzo sarebbe diventato un autentico incubo, si rifiutarono di obbedire e decisero di sporgere denuncia ai carabinieri. “Sembra inverosimile – aveva sottolineato all’inizio del processo l’avvocato difensore Antonino Rallo - che un soggetto, amico delle persone offese, possa estorcere quotidianamente, per circa 4 anni, denaro ai dipendenti senza che nessuno abbia mai visto niente o notato alcunché”