Si saprà il prossimo 20 luglio se il processo a Maurizio Spanò, il 54enne infermiere marsalese accusato di abusi sessuali su pazienti sedati per esami diagnostici nello studio privato del dottor Giuseppe Milazzo, proseguirà davanti al giudice Riccardo Alcamo oppure no.
Il 20 luglio, infatti, la Cassazione deciderà se trasferire il processo abbreviato ad altro tribunale per “legittima suspicione”. Come chiede lo Spanò, per il quale il pm Silvia Facciotti ha già chiesto la condanna a 13 anni di carcere.
L’infermiere al centro della vicenda giudiziaria ha motivato la sua richiesta affermando che la rilevanza mediatica del “caso” può influenzare il giudice e i periti.
Dopo questa richiesta, avanzata lo scorso 19 aprile, il Gup Alcamo ha subito sospeso il processo e inviato gli atti alla Suprema Corte. L’infermiere fu posto agli arresti domiciliari dai carabinieri 15 marzo 2016.
La misura cautelare scattò dopo che diversi abusi erano stati filmati dalle telecamere installate dagli investigatori nello studio del dottor Milazzo, che ha dichiarato di non essersi mai accorto di nulla. L’indagine scattò a seguito della denuncia presentata da una donna. Dopo l’istanza di legittima suspicione, controfirmata solo da uno dei due avvocati difensori, e cioè Marco Siragusa (l’altro difensore è Stefano Pellegrino), furono piuttosto critiche le prese di posizione dei legali di parte civile. “Per me – dichiarò l’avvocato Vincenzo Forti - l’esito del processo è scontato. Spanò verrà condannato. Con questa richiesta sconterà un po’ più di pena agli arresti domiciliari piuttosto che in carcere. Ma, in ogni modo, il fatto più importante è che la condanna sociale è già stata emessa e non prevedere alcuna forma di appello. Una sentenza socialmente emessa sia nei confronti di Spanò che del dottor Milazzo, soprattutto alla luce delle brillanti dichiarazioni che quest’ultimo ha spontaneamente rilasciato ad alcuni organi di stampa locali”. Insieme a Forti, Francesca Lombardo aggiunse: “Nonostante sia una facoltà legittimamente concessa all’imputato dalla legge, sicuramente è uno strumento inutilmente dilatorio ed infondato, che tende soltanto ad allungare i tempi del processo e differire nel tempo una pronuncia di condanna certa nei confronti di Spanò, così danneggiando maggiormente tutte le parti civili”. Pure per l’avvocato Calogera Falco, la richiesta di Spanò è “un’azione palesemente dilatoria che non consentirà mai all’imputato, qualsiasi Tribunale giudicherà, di sfuggire alle proprie pesanti responsabilità”. E anche Ignazio Bilardello ha parlato di azione “dilatoria”, affermando: “Ritengo che la Cassazione riterrà inammissibile questo ricorso, in quanto non ci sono assolutamente i presupposti. L’articolo 45 del codice di procedura penale prevede delle forme di alterazione abbastanza precise che qui non ricorrono. Questo articolo prevede forme di alterazione in ambito locale, ma in questo caso la notizia, prima al momento dell’arresto di Spanò e poi più con la trasmissione de Le Iene, ha avuto rilievo mediatico nazionale. In quanto si tratta di un fatto molto grave e particolare. Quindi, anche se spostiamo questo processo a Palermo o a Trapani, perché entro i confini del distretto giudiziario di questa Corte d’appello deve rimanere, non cambia nulla. Il fatto è di conoscenza nazionale, non è circoscritto a una situazione di influenzabilità che riguarda solo il luogo in cui è accaduto il fatto o si svolge il processo”. A questo punto, dunque, la Cassazione dovrebbe disporre che il processo si celebri magari a Panama o in Ecuador… Ah no, in Ecuador no. C’è il prete missionario marsalese, originario di Birgi, don Enzo Amato. Potrebbe aver sentito parlare del “caso Spanò”...