La cattura di Matteo Messina Denaro è in cima ai pensieri del Ministro dell'Interno Marco Minniti. Lo dice lui stesso in un'intervista al quotidiano L'Avvenire:
Cattura dopo cattura, la lista dei super latitanti nel sito del Viminale si assottiglia. Ma in cima resta il boss siciliano Matteo Messina Denaro, ricercato dal 1993. Cosa lo protegge? Un’inchiesta sul clan Rinzivillo ha svelato perfino presunte complicità di ex agenti dei servizi...
Uno Stato che si rispetti non tollera latitanti, soprattutto grandi latitanti. L’obiettivo di catturare Matteo Messina Denaro è in cima alla nostra lista, è il primo degli obiettivi che ci siamo dati. E non ci fermeremo finché non l’avremo raggiunto. Le inchieste giudiziarie, un arresto dopo l’altro, gli hanno fatto terra bruciata attorno, hanno reciso i cordoni ombelicali attraverso cui esercitava il suo potere di boss. Resta pericoloso, ma meno capace di incidere nella realtà. Abbiamo squadre investigative che lavorano solo su questo, 24 ore su 24, in sinergia con le procure interessate. Lo troveremo. E quando verrà catturato, sarà un bel giorno per la Repubblica italiana.
Il fatto è che però Matteo Messina Denaro è invisibile ormai da 25 anni. E anche intoccabile. Lui e i suoi parenti. "... su parenti di Messina Denaro... un si ponnu tuccari completamente sti famiglie", dicevano in dialetto siciliano gli imprenditori del settore ittico Carmelo e Angelo Giannone, arrestati qualche giorno fa. La conferma di un dato importante: non sappiamo dove sia Matteo Messina Denaro, non ci sono segnali sul teritorio eppure basta evocare il suo nome per avere rispetto.
Lo sanno bene i parenti del ramo palermitano dei Messina Denaro, i Guattadauro. Quel “non si possono toccare” era riferito ai Guttadauro, imparentati con il latitante di Castelvetrano. Quando Filippo Guttadauro, figlio di Giuseppe, capomafia di Brancaccio, andò a discutere del business del pesce a Marzamemi, in provincia di Siracusa, lo accolsero a braccia aperte. Erano i Giannone a raccontare, senza sapere di essere intercettati, che anche lì, nella lontana Sicilia orientale, si erano detti pronti ad ospitare “u latitanti”, a dargli riparo “un misi mucciatu drocu a Marzamemi (un mese nascosto a Marzamemi)”.
Tra la rete di insospettabili che difende Messina Denaro anche un agente dei servizi segreti. Emerge sempre dalla stessa operazione di qualche giorno fa. "Ascolta bene — diceva al telefono l’agente dei Servizi segreti Marco Lazzari all’avvocato romano Giandomenico D’Ambra — ciò che prevedevamo è stato confermato da Cristiano... ti devi allontanare da zio per un periodo, io già ci ho parlato». Lo “zio” era il boss gelese Salvatore Rinzivillo. L’avvocato chiedeva: «Allontanarmi radicalmente?». Lo 007 dell’Aisi spiegava: «Eh sporadicamente, io già ci ho parlato, già gliel’ho detto che ti avvertivo... non è nulla di particolare, è solo un’attenzione... capito per il noto che stanno cercando giù, si so n’cafoniti, perché... poi ti spiego a voce, tanto ci vediamo... si sono n’cafoniti e dagli anni 80 fino ad adesso hanno... vogliono controllare tutti capito».
Il “noto che stanno cercando giù” è il superlatitante Matteo Messina Denaro, secondo gli investigatori. Lo 007 finito in manette aveva rivelato l’ultima indagine sulla primula rossa di Cosa nostra. E la soffiata l’aveva fatta proprio al boss che gli inquirenti speravano potesse portare a Messina Denaro, Salvatore Rinzivillo.
Ma come aveva fatto lo 007 Marco Lazzari ad avere quella notizia così riservata? Nell’intercettazione del Gico della Guardia di finanza di Roma, che risale al 10 marzo 2016, l’agente segreto parla di una «conferma» ricevuta da Cristiano, ovvero Cristiano Petrone, un suo collega carabiniere in servizio alla sezione Anticrimine di Roma. Ma in quel momento il Ros non sta indagando su Rinzivillo. E, allora, da dove arrivava per davvero la notizia sull’ultima indagine su Messina Denaro?
Per mesi, Rinzivillo è stato un “obiettivo” caldissimo. I finanzieri del Gico lo pedinavano fino alla casa romana del boss Giuseppe Guttadauro, suo fratello Filippo è il cognato di Messina Denaro. Rinzivillo andava anche a Castelvetrano. È il 18 agosto dell’anno scorso. Il boss gelese posteggia l’auto e si dirige a piedi verso il centro della cittadina. Prima entra per qualche minuto da un fotografo di via Milazzo, poi si avvia verso via Mazzini e «si ferma a parlare con un uomo rimasto non identificato che a sua volta era giunto a piedi», scrivono gli investigatori della squadra mobile di Caltanissetta. Impossibile pedinare il misterioso uomo incontrato da Rinzivillo nel centro di Castelvetrano. Chi è? «Un soggetto di carnagione scura, di corporatura esile, alto circa 1,70, dall’apparente età di 55/60 anni. Aveva un grosso cerotto bianco sopra il sopracciglio sinistro». Vuoi vedere che...