Buste di soldi consegnate da Gianfranco Becchina e destinate al ricercato Matteo Messina Denaro. E' uno dei particolari che emerge dalle carte del sequestro di beni a Becchina.
L'episodio l’ha raccontato Giuseppe Grigoli, già titolare di supermercati considerato un prestanome del latitante, non pentito ma semplice «dichiarante» che ha svelato di aver ricevuto dal mercante d’arte quei finanziamenti da lui stesso consegnati al cognato di Matteo, Vincenzo Panicola: «È venuta questa persona che doveva dare queste cose, e lui, avendo paura di incontrare a Panicola, mi ha detto: gliele fai avere. Era Gianfranco Becchina... Veniva non ricordo se ogni anno, o otto, nove o dieci mesi, non lo so... Però dai biglietti c’era scritto “anno X”, per dire, “2005, 2006, 2004”...».
Poi Grigoli ha aggiunto un nome, tenuto segreto dai magistrati: «Mi disse “quello che porta questo signore va a Matteo Messina Denaro”». Le buste di Becchina potevano contenere, secondo Grigoli, tra 80.000 e 100.000 euro, a volte in tagli talmente piccoli che il cognato del latitante aveva difficoltà a nasconderle nel giubbotto.
Il mercante d’arte ha sempre negato di avere a che fare con traffici illegali, ma i pubblici ministeri di Palermo titolari dell’indagine ritengono che possa esserci lui anche dietro l’idea di rubare il Satiro danzante, preziosa scultura greca ripescata nel 1998 nel Canale di Sicilia. Un’operazione svelata dal pentito Mariano Concetto, mafioso di Marsala, il quale «sapeva che Cosa nostra, e segnatamente Matteo Messina Denaro, si occupava di traffico di reperti archeologici potendo contare su appoggi in Svizzera». Sostiene Concetto: «Mi fu dato l’incarico di formare una squadra affinché potessimo sottrarre il Satiro danzante, perché ci era stato detto che aveva un valore commerciale non indifferente... Venni a sapere, che l’ordine partiva da Matteo Messina Denaro».
E un altro pentito, Angelo Siino, ha raccontato di aver sentito dire che il padre di Matteo, Francesco Messina Denaro, capomafia morto latitante, «ebbe a trattare la questione del famoso Efebo selinuntino», una statua di bronzo risalente al 400 a. C. rubata a Castelvetrano nel 1962 e recuperata a Foligno nel ‘68; secondo Siino, dentro Cosa nostra si diceva che «Messina Denaro avesse fatto un accordo prendendosi un sacco di soldi».
L’esecutore della strage di Capaci, Giovanni Brusca, ricorda di aver chiesto a Mattero Messina Denaro, «su suggerimento di Riina, di metterlo in contatto con un trafficante d’arte in grado di procurargli un reperto di grande valore da proporre come merce di scambio con lo Stato per far ottenere benefici carcerari ad alcuni detenuti»; le opere d’arte sono state più volte oggetto della trattativa Stato-mafia, e i pm ricordano l’interessamento di Becchina, «inquadrato in accordi che “io ho fatto con i signori carabinieri”», al recupero della Triade capitolina , altra scultura di valore rubata nel ‘92 e ritrovata nel ‘94: «Riporta alla mente la strategia che voleva seguire Brusca, proponendo lo scambio per migliori condizioni carcerarie».
LE BUSTE. «Perché Gianfranco Becchina doveva dare queste cose e quindi dovevano andare a finire a Panicola per poi arrivare a chiddu, a Matteo Messina Denaro». Così Grigoli nel novembre 2015. «Questo succede prima del 2000 io ho detto mi sembra, '98, non mi ricordo», racconta ai pm della dda di Palermo. Nel corso di tre interrogatori, Grigoli, che non ha mai avuto lo status di collaboratore di giustizia, ha riferito notizie inedite sul ruolo svolto in favore del capomafia ricercato raccontando di aver ricevuto, tra il 1999 ed il 2006, buste di denaro che gli sarebbero state consegnate periodicamente da Becchina. Grigoli avrebbe poi girato le buste a Panicola perché provvedesse a recapitarle al cognato latitante.
Il dichiarante ha raccontato che Becchina avrebbe preso il posto dell’anziano boss Giacomo De Simone che, fino al 1999, gli aveva dato il denaro per il padrino di Castelvetrano. La consegna delle buste avveniva sempre presso gli uffici delle aziende di Grigoli dove Becchina si presentava improvvisamente, evitando di fissare appuntamenti per telefono. Per evitare di essere scoperto, poi, Becchina aveva sempre evitato incontri diretti con Panicola.
Grigoli ha detto di non sapere il motivo delle dazioni di denaro, solo una volta Becchina gli avrebbe detto di riferire a Panicola che le buste contenevano anche i «soldi delle ruote». Secondo il dichiarante si sarebbe trattato di utili destinati a Messina Denaro per la sua partecipazione occulta nell’Atlas cementi.