E’ ormai alle battute finali in Corte d’Assise d’appello a Palermo il processo per la morte del giornalista e sociologo Mauro Rostagno, ucciso a Lenzi, nei pressi della comunità Saman, il 26 settembre del 1988. In primo grado il 15 maggio del 2014, a ventisei anni dall’omicidio, i due imputati del processo, Vincenzo Virga, capomafia di Trapani e Vito Mazzara, killer di Cosa nostra trapanese, sono stati condannati all’ergastolo, rispettivamente per essere il mandante e l’esecutore materiale. Nel corso dell’ultima udienza, al termine della requisitoria i due sostituti procuratori generali Umberto De Giglio e Nico Gozzo hanno chiesto la conferma della condanna dell’ergastolo per entrambi gli imputati.
Ad accusare Virga diversi testimoni “pentiti”, da Vincenzo Sinacori ad Angelo Siino a Giovanni Brusca, hanno riferito del mandato ad uccidere Rostagno dato dal capomafia, don Ciccio Messina Denaro a Vincenzo Virga nel corso di un incontro avvenuto in un oleificio di Castelvetrano. La mafia voleva eliminare Rostagno, autore di una serie di inchieste sugli affari “sporchi” del trapanese e sugli intrecci mafia-poteri politici e massonici, che conduceva sull’emittente Rtc.
Ad incastrare Mazzara è stata la perizia che ha riconosciuto come suo il Dna trovato sul fucile usato nell’agguato mortale. I periti del Corte di Assise di Trapani, Paola De Simone, Elena Carra e Silvano Presciuttini, hanno trovato le tracce genetiche riconducibili all'imputato e a quelle di uno sconosciuto ma dello stesso codice genetico di Mazzara.
La difesa degli imputati aveva cercato di far riaprire l’istruttoria dibattimentale far rifare nuovamente la perizia sul Dna, ma i giudici d’Appello che hanno risentito i periti e anche i consulenti della difesa tra cui l’ex comandante del Ris, il generale Luciano Garofano, non hanno accolto le richieste delle difese di Mazzara e di Virga.
I pg De Giglio e Gozzo con la loro requisitoria hanno ripercorso il dibattimento in ogni sua parte. Hanno parlato del valore autentico della perizia genetica, definendo un "bluff" il tentativo del consulente Luciano Garofano, ma hanno fatto riferimento a tante altre "firme" della mafia che sono state trovate come prova della matrice mafiosa del delitto. I “depistaggi” indicati nelle motivazioni delle due condanne in primo grado, da un lato sono per le difese il motivo per cui si dovrebbe escludere la natura mafiosa dell'omicidio di Mauro Rostagno, dall’altro, i pg Gozzo e De Giglio, hanno detto ai giudici di appello che i "depistaggi" sono proprio la caratteristica che conferma l’omicidio di stampo mafioso. La prossima udienza fissata all'1 dicembre ci sarà l'intervento delle parti civili, poi il 15 dicembre e il 16 gennaio toccherà alle difese, il 19 febbraio, infine, le repliche e la sentenza.