"Matteo Messina Denaro? Potrebbe nascondersi in Calabria". Lo rivelvano alcune alcuni collaboratori di giustizia calabresi che hanno raccontato dei rapporti tra la ‘Ndrangheta e Cosa nostra.
Il pentito Luigi Paternuosto ha raccontato di aver appreso di rapporti esistenti tra il boss cosentino Domenico Cicero (ergastolano) ed il Capo dei capi, Salvatore Riina. Un rapporto che sarebbe nato in carcere dove il capomafia corleonese avrebbe persino “poggiato un braccio sula spalla di Cicero” in segno di considerazione e fiducia. A riportare le parole del collaboratore di giustizia è oggi La Gazzetta del Sud. “Qualche tempo dopo - aggiunse Paternuosto - notai all’esterno della pizzeria dove lavoravo, delle persone che non conoscevo e che riuscii a intraveder solo di profilo. Vidi questi due parlare con persone legate a Cicero le quali, quando andarono via, mi confidarono che si trattava di due emissari di Salvatore Riina e Matteo Messina Denaro che, in considerazione dei buoni rapporti, erano venuti per comprare degli appartamenti. So che questo affare andò in porto ma non so indicare quali siano questi appartamenti”.
Un legame, quello tra siciliani e calabresi, che era già forte negli anni Novanta quando lo stesso Riina trascorse proprio in Calabria un periodo di vacanza. Non solo. Secondo il collaboratore di giustizia Dario Notargiacomo “Giuseppe Graviano ci chiese la disponibilità di un alloggio in Sila da destinare alla latitanza di Totò Riina”. Era tutto pronto per il “trasloco” ma poi il capomafia corleonese preferì restare in Sicilia. Resta la certezza di un filo diretto Calabria-Sicilia. Un canale rafforzato anche da crimini come l’uccisione del giudice Antonino Scopelliti, morto in un agguato a Campo Calabro il 9 agosto 1991. Un legame che resta forte ancora oggi. Nel 2013 gli investigatori di Palermo e Trapani, alla ricerca di Messina Denaro, eseguirono delle perquisizioni proprio alle porte di Cosenza, ma senza fortuna.