“L’esperienza della ricostruzione della Valle del Belice è stata per gli organi di governo, per i parlamentari, una prova di determinate idee e modi di governare. Bisogna dire che ha rivelato un fallimento quasi totale”. Padre Vito Nardin, generale dei Rosminiani e coadiutore a Santa Ninfa (Tp) con don Antonio Riboldi, nel periodo successivo al sisma che colpì quella zona, considera così nella pubblicazione “Risorgere: insieme si può” l’intervento dello Stato dopo il terremoto che colpì 50 anni fa la zona del Trapanese. “Non si sono rispettati i tempi; si sono fatte delle promesse che poi non sono state mantenute; ci si è trovati impreparati, quindi non si è saputo scegliere la strada migliore, più veloce e più economica”, aggiunge. “Il risultato è sotto gli occhi di tutti: gli organi preposti alla ricostruzione per come era stata programmata hanno funzionato poco e male”. Padre Nardin evidenzia il “continuo sbaglio nel calcolare il fabbisogno; uno sbaglio sempre per difetto: 108 miliardi la prima volta, 220 ancora fino al 1975; altri 250 miliardi per la ricostruzione delle case; altri 202 per terminare le urbanizzazioni. Non è esagerato dire che la vicenda del Belice per lo Stato si è rivelata un grosso fallimento”. Secondo il padre generale, che è stato anche parroco a Santa Ninfa per molti anni, “per il Belice si era pensato da parte di molti di potere liquidare il problema con un contributo più o meno generoso, ma momentaneo”.