Vita, paesino di duemila anime, il secondo della provincia di Trapani per altitudine, immersa in una natura pittoresca circondata da monti ricoperti di boschi che ricordano un paesaggio nordico, si e' sempre distinto per essere in controtendenza rispetto ai centri viciniori. Chissà, forse per via delle sue origini e del suo estroso fondatore Vito Sicomo.
Nell'immediato dopo guerra, quando le contrapposizioni politiche erano contraddistinte dal perenne duello tra Democrazia Cristiana e Partito Comunista, la comunità vitese ne fu esente. Il suo popolo, quasi unanime, si strinse attorno alla mitica figura di Vincenzo Renda, uno dei più longevi sindaci d'Italia.
Dirigente del Partito Repubblicano ( secondo la leggenda, pare che desse del tu a Ugo La Malfa, e del lei all'autista), il suo partito, che nazionalmente non superava il 3%, a Vita andava oltre il quaranta, mentre nelle vicine Salemi e Calatafimi era la DC a raggiungere tali altissime percentuali.
Il simbolo del suo movimento civico era caratterizzato da due mani che si stringono. Allegoricamente, quasi ad indicare la pacificazione tra le fazioni cittadine, da sempre in lotta tra di loro, spesso con metodi violenti.
Pur essendo repubblicano, il suo regno durò per oltre quaranta anni.
Sempre secondo la leggenda, pare che continuasse ad esercitare il ruolo di primo cittadino anche dalla casa di riposo, nella vicina Calatafimi, dove visse gli ultimi anni.
Ma con la sua morte riaffioreranno le divisioni e le antiche ruggini..
Un tentativo per ricomporle e risanarle, portando una aria di innovazione, si ebbe con la sindacatura di Giuseppe Accardo, un giovane professionista prestato alla politica. Tentò di mettere in atto una sorta di compromesso storico ante litteram, dando vita ad una lista che comprendeva rappresentati un po' di tutti gli schieramenti: democristiani, repubblicani, socialisti e comunisti. Durò solo una legislatura, però.
Seguì il ventennio di Vincenzo Ingraldi, prima come vice-sindaco del repubblicano Pietro Leone, e poi come primo cittadino, durante il quale il comune divenne punto riferimento coordinando i sindaci della Valle del Belice nella vertenza contro lo Stato per la mancata e rallentata ricostruzione post terremoto.
L'alternanza si ebbe con il doppio mandato di Antonino Accardo, il cui governo si distinse per la realizzazione di diverse opere pubbliche, seguite e curate dall'assessore Giuseppe Riserbato, e che oggi ha deciso di puntare diritto alla prima carica cittadina.
Ma il processo di disgregazione appariva ormai inarrestabile. Le divisioni si acuirono al punto tale che nelle elezioni di cinque anni fa, tre furono i candidati a contendersi la carica di sindaco.
Troppi, per una piccola comunità e molto laceranti le divisioni.
Ebbe la meglio, per una manciata di voti, la dottoressa Filippa Galifi di cui si era diffusa la fama di donna dal polso fermo, per usare un eufemismo, in grado di far fare un balzo in avanti al paese.
Purtroppo le divergenze all'interno della coalizione vincente apparvero vistosamente insanabili dopo appena pochi mesi.
Le dimissioni di Giuseppe Renda e la delega dei lavori pubblici non assegnata a nessuno degli assessori, a detta dei consiglieri uscenti dell' opposizione, ne sono stati gli esempi più eclatanti.
Un'Amministrazione, sostengono, che ha brillato solo per incompetenza e mancanza di iniziative.
Incapace persino a risolvere il problema della Polizia Municipale. Che dal febbraio del 2016 non esiste più, dopo l'andata in pensione dell'ultimo vigile.
Fatto piuttosto singolare e forse unico in Sicilia e che era facilmente prevedibile ed evitabile.
Una variazione di Bilancio fatta nel 2016, proposta dalla minoranza, e finalizzata alla stipula di una convenzione con qualche comune vicino non ha sortito gli effetti voluti. Le trattative iniziate con il Comune di Salemi, sono state interrotte a causa di proposte concrete.
Ma il fatto ancora più eclatante e' quello che si sta registrando in questi giorni di rinnovo del Consiglio Comunale e del Sindaco.
Giuseppe Riserbato, e' l'unico candidato alla carica di primo cittadino. Suo unico avversario sarà l'astensionismo. Per essere eletto basterà che il 50% più uno degli aventi diritto al voto esercitino la loro volontà democratica.
Questo significa che gli altri, di orientamento politico diverso od opposto, non sono riusciti ad aggregare almeno sette persone, che e' il numero minimo consentito per partecipare ad una competizione elettorale in un comune al di sotto dei diecimila abitanti.
Anche in questo caso, Vita si sta distinguendo per andare in controtendenza rispetto ad altre realtà in cui invece si assiste alla moltiplicazione di partiti e movimenti?
Si tratta di un fenomeno locale o, più in generale, un segnale premonitore del distacco dalla politica da parte di una fetta della società civile?
Una situazione, in ogni caso, preoccupante e di cui e' consapevole Giuseppe Riserbato e a cui intende dare delle risposte.
Ce ne occuperemo nel il prossimo servizio.
Franco Ciro Lo Re
( continua)