“Condotta contraria alla buona fede”, “abuso del diritto”, “disvalore contrattuale e sociale”. Con queste parole il giudice del lavoro di Marsala ha deciso è stato giusto licenziare Alfonso Marrone, rigettando il ricorso del consigliere comunale. La sentenza è arrivata qualche giorno fa, e per il consigliere licenziato non sono belle notizie.
Consigliere comunale di Una voce per Marsala, campione di preferenze alle ultime elezioni amministrative, Alfonso Marrone è stato licenziato dalla Casa di Cura Morana, dove lavorava dal 1990. Il caso Marrone è esploso nelle ultime settimane grazie all’inchiesta a puntate di Tp24.it (qui la prima parte). Marrone è stato licenziato perchè, nella sua attività di consigliere comunale, ha usufruito di permessi retribuiti dal lavoro per riunioni di commissione alle quali non ha mai partecipato. Cosa faceva? Un po' stava a casa, un po' portava l'auto dal gommista. Tutto tranne andare in consiglio comunale, e a certificarlo sono stati gli investigatori privati incaricati dall'azienda.
Marrone ha fatto ricorso contro il licenziamento, appellandosi al giudice del lavoro. Ma giorni fa è arrivata la sentenza. Il giudice parla di “condotta contraria alla buona fede”, di “abuso del diritto”, di “disvalore non solo contrattuale, ma anche sociale”. Non lascia dubbi il giudice sulla condotta di Marrone e sul meccanismo che aveva messo in atto, e che è stato scoperto da investigatori privati, per “bigiare” il lavoro con la scusa di fare attività istituzionale. Non era così, e la sentenza di rigetto del ricorso di Marrone lo spiega passo per passo.
Facciamo un passo indietro, prima di entrare nel merito della sentenza.
Come abbiamo raccontato su Tp24.it dopo anni di carriera, Alfonso Marrone viene licenziato in tronco con la moglie dalla Casa di Cura Morana, dove aveva il ruolo di capo sala. Decideva praticamente tutto lui, e godeva della piena fiducia dei titolari. Ma questa fiducia si è rotta.
L’azienda ha iniziato a sospettare che Marrone utilizzasse “allegramente” i permessi da consigliere comunale. Ovvero che prendesse le ore di permesso dicendo che era in commissione, ma che in realtà andava a fare altro. Per il suo ruolo Marrone ha diritto ad un massimo di 36 ore mensili di permesso, retribuite, più altre 24 non retribuite. Il Comune di Marsala rimborsa poi, nei limiti di legge, l’azienda.
L’azienda ha cominciato ad avere il sospetto che Marrone prendesse quei permessi "politici" per fare altro. Tanto che, con responsabilità, dichiara al Comune di Marsala che non vuole più i rimborsi, perché sta facendo degli accertamenti. La Casa di Cura Morana, ingaggia un’agenzia investigativa - lecitamente, come afferma il giudice stroncando il la difesa del consigliere - per seguire Marrone durante l’orario di lavoro (cosa faccia fuori da quell’orario, infatti, all’azienda non interessa) e vedere se effettivamente, durante le ore di permesso svolga attività politica.
Da Maggio ad Agosto dell’anno scorso, il 2017, Alfonso Marrone è stato seguito nei suoi spostamenti di lavoro. Risultato: il sospetto dei titolari della casa di cura Morana era fondato. Il tutto è stato anche confermato in Tribunale.
E qui veniamo ai giorni nostri, alla ordinanza di rigetto del ricorso di Marrone emessa dal giudice del lavoro.
Perchè il giudice scrive che risultano effettivamente fondate le contestazioni sollevate al Marrone “quantomeno in relazione alle giornate del 26, 27 e 28 giugno, 26 luglio 2017”. Cosa succede in quei giorni?
Il primo giorno Marrone aveva chiesto un permesso dalle 12 alle 14, ma l’investigatore lo ha beccato in quell’ora a casa, anzichè in consiglio comunale. Il giorno successivo, sempre in quella fascia oraria, aveva chiesto un permesso dal lavoro, ma se n’è andato prima dal gommista e poi all’abitazione estiva. Tra l’altro quel giorno non c’era alcuna attività delle commissioni consiliari. E ancora il 28 giugno non andava in consiglio comunale, ma se ne stava a casa. Più complesso il giro del 26 luglio. Aveva chiesto un permesso dalle 11 alle 14. Allora andò prima in uffici di consulenza in via Crispi, a sbrigare delle faccende private, poi in via Magenta, dove ha incontrato il genero, poi ancora a casa. Marrone tentò di difendersi dicendo che era andato a trovare l’assessore Salvatore Accardi, in via Magenta, ma non è risultato vero.
Questi comportamenti non lasciano dubbi al giudice che scrive che “l'indebita utilizzazione del permesso rivela l'inesistenza del diritto, configurandosi come un evidente abuso per sviamento dalla funzione dello stesso, idoneo ad essere valutato dal Giudice ai fini della sussistenza di una giusta causa di licenziamento”.
Per il giudice ci sono prove sufficienti per il giusto licenziamento, e tra l’altro ottenute in modo regolare.
“Dunque, quanto meno in relazione alle suddette giornate risulta acclarato che il Marrone abbia usufruito dei permessi senza che il tempo sottratto alla prestazione lavorativa sia stato effettivamente impiegato nel compimento di attività istituzionali; né il Marrone ha offerto elementi probatori di segno contrario, non essendo tali le dichiarazioni dallo stesso sottoscritte e versate in atti, né avendo indicato specificamente quali fossero queste “attività istituzionali”.
C’è inoltre un passaggio importante nella sentenza del giudice. E’ questo.
“Non può negarsi l’immediata percepibilità del disvalore (non solo contrattuale, ma anche sociale) che contrassegna la condotta tenuta dal Marrone, giacché il lavoratore ha usufruito dei suddetti permessi per soddisfare proprie esigenze personali, scaricando il costo di tali esigenze sulla intera collettività, stante che i permessi sono retribuiti in via anticipata dal datore di lavoro, il quale poi viene sollevato dall'ente locale, costringendo il datore di lavoro ad organizzare diversamente ad ogni permesso il lavoro in azienda”.
Dice in sostanza, il giudice, che il comportamento di Marrone non è stato una mancanza di rispetto solo nei confronti del datore di lavoro, dal quale ha avuto fiducia, ma anche nei confronti della collettività. E certo, perchè le ore in cui un consigliere manca dal lavoro per fini istituzionali vengono rimborsate dal Comune di Marsala. E se il consigliere si assenta per affari propri, e non per fini istituzionali, lo fa a spese della collettività. E questo non va per nulla bene.
Il giudice ci ha messo quindi una pietra sopra, ha stroncato sul nascere le difese di Marrone, che era assistito dal collega consigliere Ivan Gerardi. Ancora il giudice scrive che il comportamento del consigliere è “certamente in grado di ledere irrimediabilmente l'elemento fiduciario che permea il rapporto di lavoro, trattandosi di condotta idonea a porre in dubbio la futura correttezza dell'adempimento e, come tale, rappresenta una giusta causa di licenziamento, idonea a sorreggere il provvedimento espulsivo irrogato dall’azienda”.
Dopo l’esplosione del caso, furono molto accese le reazioni in consiglio comunale. Tutti contro Tp24.it per l’inchiesta in cui si spiegava il fattaccio e tutti ad esprimere solidarietà a Marrone. Qui in basso una breve clip per farci un'idea.
Ed ora che tutto è stato confermato dal giudice del lavoro? Un commosso Marrone aveva detto, in aula, di esser stato bersaglio e di vivere giorni di inferno. "Le sedi adatte sono i tribunali, dove un giudice accoglie tutti i documenti e giudica, non sono i giornalisti", disse Marrone in quel surreale consiglio comunale aperto dalla strampalata "esegesi" di Sturiano. Momenti di bassezza indimenticabili per il consiglio comunale, con Sturiano che si è messo ad esprimere solidarietà a tutti. Anche ad Aldo Rodriquez, presidente di quella commissione accesso agli atti dalla quale un giorno si sarebbe assentato Marrone, ma che in base al verbale era presente, come hanno ricostruito gli investigatori. Un documento, quello che attesterebbe la presenza del consigliere in commissione che sarebbe falso. Ma questa è un'altra storia.