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16/01/2019 08:00:00

Assunzioni di docenti universitari. In Sicilia sono 220

Le università potranno assumere oltre duemila docenti (220 in Sicilia) nonostante il blocco temporaneo dei concorsi previsto in manovra fino al primo dicembre. Gli atenei siciliani sono tutti in coda alla classifica ma potrebbero coprire quasi 220 posti, di cui 76 a Messina, 73 a Catania e 68 a Palermo. 

La possibilità di derogare è data dai 2.038 «punti organico» che sono stati sbloccati tra Natale e Capodanno con un decreto del ministro Marco Bussetti. E che autorizzano l’assunzione di altrettanti docenti ordinari con effetto sul 2018 sulla base dei pensionamenti registrati nel 2017. Con un occhio di riguardo per gli atenei virtuosi, sottolinea il Sole 24 Ore che spiega, inoltre, che si tratta solo del primo tempo di un’operazione che entro il 2020 vedrà l’attribuzione di altri 440 «punti organico» aggiuntivi rispetto al turnover. Le 2038 assunzioni «scongelate» dal Miur privilegeranno gli atenei con i bilanci in regola. Grazie all’eliminazione del tetto del 110% degli ingressi rispetto ai pensionamenti dell’anno prima. Stavolta si potrà andare oltre quella soglia. Al top l’università per stranieri di Siena che tocca il 664 % di turn over, la Scuola Sant’Anna di Pisa a 393, Bergamo a 310 e il politecnico di Milano a 237,  poi quelle siciliane con 220.

La distribuzione dei posti avviene secondo un complesso meccanismo: il 50% spetta agli atenei con un rapporto spese di personale/Fondo di finanziamento (Ffo) dell’80 % e un indicatore di sostenibilità economicofinanziaria superiore a 1; il restante 50% viene ripartito in base agli spazi di bilancio delle singole università. Ammesso che tutte le accademie decidano di utilizzarli, visto che risulta ancora inoptato il 14 ,1 % dei «punti organico» attribuiti tra il 2010 e il 2016 .

Guardando la classifica redatta dal sole 24 Ore, la distribuzione sembra penalizzare gli atenei del Sud già a corto di risorse. E alcune critiche in tal senso nei giorni scorsi sono state sollevate da più parti. Ma dal Miur spiegano che non è così. E, soprattutto, che non c’è una volontà politica in tal senso.