Se la strada potesse parlare è il film di Barry Jenkins tratto dal romanzo If Beale Street Could Talk, dello scrittore afroamericano James Baldwin.
Nel titolo originale del libro si fa esplicito riferimento alla zona di Memphis, Beale Street, in cui nacque la musica Blues e in cui si esibirono artisti leggendari come B.B. King e Chuck Berry. Queste melodie, che hanno radici nei canti delle comunità degli schiavi afroamericani nelle piantagioni statunitensi, ben si adattano alle atmosfere del romanzo e, nella versione cinematografica, ad accompagnare ogni scena rendendola viva e coinvolgente.
Il regista dichiara di volersi attenere il più possibile all’opera letteraria e aggiunge il suo tocco nella colonna sonora che colora e riempie ogni istante.
Il film espone il dramma di una persona di colore accusata di un grave reato, seppur palesemente innocente.
Essa diventa spunto per denunciare una situazione diffusa nell’America degli anni ’70, periodo in cui era facile per un bianco formulare accuse verso chi aveva un diverso colore della pelle oppure origini differenti rispetto ai nativi americani da più generazioni.
Nella storia si affrontano argomenti come le ingiustizie, il razzismo, l’ipocrisia, il fanatismo, l’idea che addossare la colpa ad un capro espiatorio possa essere la soluzione alla rabbia di chi ha subito un torto.
A proposito di giustizia “mal funzionante” e poiché il cinema riflette sempre la vita reale, il film riporta alla mente una recentissima pubblicazione di Riccardo Iacona, dal titolo Il palazzo dell’ingiustizia. Partendo dal caso Robledo, un ex magistrato a cui è stato impedito di lavorare onestamente, il giornalista ha condotto un’interessante indagine sulla «malagiustizia» italiana. Ne sono esempio le vicende giudiziarie che, rinviate a causa di mancanza di personale nei tribunali, provocano la prescrizione del reato e, dunque, la piena libertà dei colpevoli (aumentando il dolore e il senso di impotenza delle vittime).
Insomma, al di là del tempo e del luogo, il sopruso, l’abuso di potere e la corruzione sono, purtroppo, problematiche attuali.
Per questi motivi Se la strada potesse parlare risulta realistico, onesto, profondo.
È un film politico, da vedere e da diffondere, soprattutto in tempi come questi in cui si dimentica quanto sia semplice diventare carnefici e addossare le colpe dell’attuale malessere ai primi malcapitati.
È un film intenso, ben fatto, e con attori particolarmente espressivi, negli interminabili primi piani che caratterizzano la regia. Le due ore di pellicola - tra il tentativo dei familiari di scagionare la vittima e le dimostrazioni d’amore della fidanzata del protagonista - scorrono veloci.
Entrambe le situazioni suggeriscono, in opposizione al dramma, i valori della vita, come l’amore - mai vendicativo o violento, nonostante la tragicità della situazione - la solidarietà, l’affetto della famiglia, la fede.
Sabrina Sciabica