Sversamento illegale di percolato negli specchi d'acqua vicini, inquinamento dei terreni circostanti, cattivo trattamento dei rifiuti conferiti. Fatti gravi, gravissimi, che hanno portato al sequestro della Sicilfert, azienda di trattamento rifiuti organici di Marsala. L’indagine però parte da lontano, dal 2013. E tocca diverse tappe, che ricostruiamo a puntate
Percolato che scorreva dentro e fuori la Sicilfert. Rifiuti ammassati in maniera indifferenziata. Un caos totale, almeno così lo descrivono gli inquirenti. Una situazione definita “apocalittica” nell’impianto di trattamento rifiuti a Marsala sequestrato giorni fa. La Sicilfert ha gestito negli anni centinaia di migliaia di tonnellate di rifiuti arrivati dalla raccolta differenziata fatta dai cittadini. Ha gestito montagne, è proprio il caso di dirlo, di rifiuti organici. Una gestione che secondo i pm è stata irregolare. Rifiuti ammassati senza distinzione, percolato, inquinamento, e anomalie nella produzione di compost. Emerge tutto questo dalle ispezioni effettuate la scorsa estate, che hanno dato un’accelerata alle indagini sulla Sicilfert, partite nel 2013.
IRREGOLARITA’ GESTIONALI
Dopo il sopralluogo del giugno 2018 gli ispettori annotano tutto quello di irregolare che hanno trovato. Annotano che all’interno della struttura non c’è una separazione tra i materiali in accettazione (quelli che ricevono dalla raccolta differenziata fatta dai cittadini) i rifiuti posti in messa in riserva, e i materiali passati in lavorazione. Un miscuglio che non permette di effettuare alcun tipo di controllo. Annotano che sono presenti materiali non ancora lavorati nell’area dedicata invece allo stoccaggio del prodotto finito. Ci sono materiali in lavorazione e rifiuti in aree dove non dovrebbero esserci e occupano tutti gli spazi di manovra. E ancora la fase di prima maturazione del rifiuto organico avviene negli spazi non separati e senza neanche coperture provvisorie. La non copertura dei cumuli di rifiuti provoca la diffusione all’esterno dell’impianto delle frazioni, come plastica, e di quella puzza pungente che si sente passando dalla statale 188. E non è tutto. Il pavimento interno del capannone è completamente invaso da percolato e fanghiglia. In alcuni punti nel liquido si ha un gorgogliamento di gas che fuoriescono dal pavimento. Cos’è questo gas? Cosa c’è sotto? Dove c’è la Sicilfert prima c’era uno stabilimento vinicolo, con delle cisterne nel sottosuolo. La fuoriuscita di gas, con buona probabilità, deriverebbe dall’infiltrazione di percolato nelle vasche sottostanti. Vasche di cui gli ispettori non hanno certezza sulla efficace impermeabilità e da il percolato potrebbe disperdersi inquinando il sottosuolo. I rifiuti ammassati fin sulle pareti esterne provocano inoltre infiltrazioni di percolato con sversamento sui terreni vicini all’impianto, e quindi la contaminazione dell’area.
PIU’ RIFIUTI DEL CONSENTITO
Gli ispettori che hanno effettuato il sopralluogo hanno ottenuto le carte e scoperto, oltre alle irregolarità logistiche, anche alcune cose anomale che sarebbero alla base dell’inquinamento e della contaminazione ambientale attorno alla Sicilfert.
Ad esempio scoprono che alla Sicilfert sono stati raccolti più rifiuti del consentito. Nel 2017 c’erano oltre 71 mila tonnellate, e fino al giugno 2018 ce n’erano 40 mila.
Un altro aspetto singolare, come si legge nel decreto di sequestro del’impianto, emerge dalla quantità di “ammendante composto misto”, il compost appunto, venduto da Sicilfert e quello dalla stessa azienda prodotto. Ebbene sia nel 2016 che nel 2017 si avrebbe una produzione di compost superiore al quantitativo complessivo di rifiuti entrati in impianto. Nel 2016 sono state prodotte quasi 70 mila tonnellate, nel 2017 oltre 151 mila tonnellate, più del doppio rispetto ai rifiuti entrati. Ma la quantità venduta, sempre secondo le carte consegnate da Sicilfert, è stata irrisoria, rispetto a quanto prodotto. Nel 2016 sono state vendute 8 mila tonnellate di prodotto, nel 2017 appena 6 mila tonnellate.
Sono numeri e circostanze che fanno supporre agli inquirenti una “gestione illecita del complessivo sistema di raccolta e trasformazione dei rifiuti (non) effettuata all’interno dell’impianto della Sicilfert”. Annota il giudice nel decreto di sequestro che è impossibile che il quantitativo di compost prodotto sia superiore a quella dei rifiuti in ingresso nell’impianto. Inoltre il dato esiguo delle vendite suggerisce che il compost prodotto sia “poco o per niente appetibile per i possibili acquirenti date le condizioni in cui questo verrebbe di fatto prodotto”. Un compost di scarsa qualità, quindi, per gli inquirenti non venduto e che è il risultato di una gestione irregolare dell’impianto.
PERICOLO PER L’AMBIENTE
Queste irregolarità nella gestione dell’impianto, per il pm, hanno prodotto e continuano a produrre “un pericolo per l’ambiente circostante”. La cattiva gestione dei rifiuti, infatti, non fa altro che produrre massicciamente percolato. Una quantità di percolato “tale da non poterne consentire nè un utile reimpiego (nel compost per garantirne l’umidità) nè lo smaltimento fisiologico presso il depuratore comunale o altri impianti idonei”. La dispersione del percolato, che, ricordiamolo, è un liquido inquinante, era stata già rilevato nel 2013 nell’area esterna dell’impianto da cui poi veniva canalizzata fino a confluire nel lago Maimone.
Ma c’è di peggio. Perchè il pericolo di inquinamento “potrebbe estendersi alle zone sottostanti o limitrofe all’impianto”. In più non c’è la tracciabilità del compost prodotto. Insomma, il compost, oltre che il percolato, potrebbe esser stato smaltito illegalmente. Lo si suppone guardando la differenza tra rifiuti entrati, compost prodotto e compost venduto. Scrive il giudice: “La mancata corrispondenza tra rifiuti entrati e compost prodotto, e soprattutto tra compost prodotto e compost venduto, pone un serio problema di tracciabilità del rifiuto recuperato (o meglio, presunto tale)”. La Sicilfert avrebbe ricevuto più rifiuti del consentito, avrebbe prodotto più compost dei rifiuti ricevuto, e ne avrebbe venduta una quantità irrisoria rispetto a quella prodotta. Dove andava a finire il resto? Che fine faceva il percolato? Secondo quanto scoperto veniva smaltito illegalmente. E non solo nelle zone vicine all’impianto, ma anche in altre aree. Come, lo scopriremo domani con l’ultima puntata di questa inchiesta.
Nel frattempo Pietro Foderà, legale rappresentante della Sicilfert, finito sotto inchiesta assieme al responsabile tecnico Vitangelo Pampalone, si difende. “La Sicilfert non è un ecomostro, ma ha svolto la sua attività secondo legge come già dimostrato dai consulenti appositamente nominati dalla difesa”, è la dichiarazione dell’avvocato Diego Tranchida.