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27/03/2019 15:13:00

Sicilia, la ragazza violentata a Catania: ha chiesto aiuto ma è stata ignorata

 Roberto Mirabella, 20 anni, Salvatore Castrogiovanni e Agatino Spampinato, di 19, sono stati arrestati dai carabinieri di Catania per violenza sessuale di gruppo nei confronti di una diciannovenne americana.

La ragazza, che non parla e non comprende bene la lingua italiana, da circa tre mesi si trovava a Catania, dove lavorava come babysitter per una famiglia che la ospitava.

Nella tarda serata dello scorso 15 marzo, insieme ad un’amica, si trovava nel bar di via Teatro Massimo, e nel corso della serata, una volta rimasta sola, è stata avvicinata dai tre indagati, i quali, dopo averle offerto qualche drink, l’hanno convinta a spostarsi in un altro bar della zona per poi, una volta in strada, avvicinarsi con una banale scusa alla loro auto e obbligarla a salire. La ragazza ha tentato di chiamare il 112 senza farsi vedere, ma uno dei tre glielo ha impedito. Fermata l’auto in un luogo appartato l’hanno abusata sessualmente a turno, riprendendo le fasi dello stupro con i telefonini. Il giorno seguente la giovane ha chiesto aiuto alla famiglia che la ospitava e poi ha raccontato tutto ai carabinieri. I tre sono stati identificati grazie a un video che lei aveva girato con loro in un locale del centro e da quello inviatole l’indomani da uno di loro che la invitava a vedersi di nuovo, senza mostrare alcun pentimento per il reato commesso. I tre sono anche tornati nello stesso pub per vantarsi dello stupro: «Ce la siamo caricata» hanno raccontato al barista, secondo quanto riferisce il pm.

Ecco il racconto di Repubblica:

«Quando mi hanno spinta in macchina con forza, sono riuscita a mandare un messaggio vocale a un amico — racconta — gli ho sussurrato: “Per favore aiutami, ci sono dei ragazzi, non voglio”. E lui, prima mi ha risposto che non capiva, poi che non aveva l’auto e non poteva aiutarmi. Una cosa assurda”. Ventiquattrore dopo lo stupro — è la notte fra il 16 e il 17 marzo — la diciottenne americana sta denunciando i suoi tre aggressori, ma continua a ripetere anche il nome dell’amico (o presunto tale). “Scrivete pure di Salvo — dice ai carabinieri — sono riuscita a mandargli cinque messaggi vocali mentre mi violentavano, l’ho chiamato due volte. Ma continuava a dire che non capiva. E quando quella notte da incubo è finita, gli ho scritto un ultimo sms: Ti odio davvero”.
Eccoli, i Whatsapp rimasti senza risposta. Questo è un dramma che si poteva evitare. Ore 23,12: “Io sto male, aiuto me”. Ore 23,14, si sente la voce di uno degli stupratori: “Compare, te la posso dire una cosa? A chidda ma isu iu”. A quella me la alzo io. Ore 23,17: “Aiuto, aiuto, sono nell’auto”. A mezzanotte e 3 minuti, la ragazza riesce a mandare anche la sua posizione esatta, il lungomare di Catania, all’altezza del Caito, dove si riuniscono le coppiette. A mezzanotte e 12 minuti, la violenza si sente in diretta.
“Vieni qua", dice uno dei ragazzi. “Non voglio”, urla lei. “Sì che vuoi”, dice un altro. “No, basta. Non voglio, non voglio”. Ma l’amico continuava a non preoccuparsi. Lei racconta: “Quando si sono accorti che avevo il cellulare in mano, hanno provato a togliermelo, ma sono riuscito a tenerlo”. E con quel telefono la giovane ha provato poi a lanciare l’allarme al 112, il numero unico di emergenza. Undici volte ha chiamato fra mezzanotte e 13 e l’una. Lei chiamava e i suoi aggressori la bloccavano. L’operatore del 112 ha provato a richiamare, ma niente. L’ultima telefonata durante quell’incubo è al 911, il numero di emergenza americano. “I richiami d’aiuto si sono susseguiti in un arco di ben un’ora e 45 minuti”, annota il giudice delle indagini preliminari Simona Ragazzi per tratteggiare il dramma» .