Uccisa dal marito e il corpo dato in pasto ai maiali nel porcile della sua azienda agricola a Velo d’Astico, piccolo comune del Vicentino. Un giallo risolto dalla procura berica dopo vent’anni, grazie al ritrovamento di un frammento di unghia di due centimetri.
Gli investigatori, dopo mesi di analisi e test del dna sono certi: appartiene a Virginia Mihai, moglie di Valerio Sperotto, allevatore di maiali morto nel 2011 a 64 anni. La donna era svanita nel nulla il 22 aprile del 1999, giorno in cui la sua auto fu trovata abbandonata in una strada alle porte di Vicenza. «Avevamo litigato, lei mi ha lasciato a piedi per strada e poi non l’ho più vista», aveva detto l’uomo durante uno dei tanti interrogatori. Per quella scomparsa Sperotto fu indagato per omicidio volontario ma il fascicolo venne archiviato.
A riaprire il caso è stata la segnalazione di un impresario edile interessato all’acquisto dell’ex allevamento: l’uomo nel 2017 si è presentato ai carabinieri raccontando di aver trovato alcune ossa durante un sopralluogo nella porcilaia e di averle successivamente sepolte per paura. Dichiarazioni che hanno spinto la procura di Vicenza ad aprire un nuovo fascicolo e far ripartire le indagini. Il sostituto procuratore Hans Roderich Blattner ordina di scavare e setacciare l’area e si affida agli esperti del Labanof, il laboratorio di antropologia e odontologia forense dell’Università di Milano. Gli archeologi forensi non trovano le ossa ma un frammento di unghia in mezzo alla terra, nel canale di scolo dei liquami che divide due recinti. Nonostante il tempo trascorso, i carabinieri del Ris riescono a estrapolare il dna e compararlo con quello presente in uno spazzolino da denti appartenuto alla donna.
Ci vogliono mesi di analisi in laboratorio per eseguire tutti gli accertamenti ma alla fine non ci sono dubbi: «La corrispondenza è del cento per cento positiva, si tratta dell’unghia dell’alluce di Virginia Mihai». Le unghie, assieme ai capelli e ai denti sono le uniche parti del corpo umano che i maiali non digeriscono e questo avvalora la tesi agghiacciante che la donna sia stata uccisa e gettata in pasto ai maiali. L’allevatore per permettere ai maiali di far sparire ogni traccia del corpo aveva atteso tre giorni prima di andare dai carabinieri per la denuncia di scomparsa della moglie e nel giro di poco tempo aveva venduto tutti i suoi animali.
La svolta del “cold case” apre nuovi scenari anche sulla scomparsa di un’altra donna, Elena Zecchinato la prima moglie di Valerio Sperotto. Di lei si sono perse le tracce a gennaio del 1988, quando era uscita per una passeggiata nei boschi attorno alla sua casa. Un caso archiviato in pochi mesi sotto la voce «allontanamento volontario». Una delle ipotesi era quella che la donna, nonostante le due figlie piccole fosse tornata in Francia, il suo paese di origine.
Alla luce della nuova verità i carabinieri sono tornati a sigillare l’ex allevamento dove è stata ritrovata l’unghia, gli scavi degli esperti riprenderanno a luglio e la zona delle ricerche verrà ampliata: saranno setacciate tutte le tubature e le vasche che raccoglievano i liquami (in stato di abbandono da anni). L’obiettivo degli antropologi forensi e del Ris è recuperare altri resti umani nascosti nell’ allevamento degli orrori.
L’inchiesta della procura va avanti nonostante la morte del principale indagato perchè secondo i magistrati potrebbero esserci dei complici, persone ancora in vita che hanno aiutato Valerio Sperotto a far sparire le due donne e a nascondere una verità affiorata dopo più di due decenni.