Sul caso Arata si difende l'assessore all'Ambiente Alberto Pierobon che però non è indagato: «Arata era una zecca cavallina. L'ho incontrato, come incontro e parlo con tutti gli imprenditori che lamentano inefficienza e ritardi dell'amministrazione. Ma non ho mai sollecitato una risposta positiva al suo progetto. Ho solo chiesto che la pratica venisse esaminata dagli uffici».
L'imprenditore arrestato Paolo Arata, socio di Vito Nicastri (accusato di essere un uomo di Messina Denaro), è stato intercettato ed tra i contatti di Pierobon. L'assessore avrebbe provato a sbloccare l'impasse in cui era piombata la richiesta della Solgesta srl di realizzare un impianto a Francofonte.
Pierobon ha trascritto tutti i suoi messaggi con Arata. Iniziano a marzo del 2018, quando per la prima volta lo incontra «per caso» al pian terreno dell'assessorato ai Rifiuti: «Mi fu presentato da due funzionari che lo conoscevano come ex parlamentare e responsabile del centrodestra per l'energia. In assessorato si muoveva con disinvoltura». Da lì in poi Arata «mi comincia a tempestare di messaggi. Accusava l'assessorato di mala gestio e inefficienza. Minacciava di rivolgersi alla magistratura e alla stampa». Pierobon ricorda che in uno degli ultimi incontri «gli ho detto che se aveva elementi era giusto che si rivolgesse alla magistratura».
Nel frattempo però ci sono state le telefonate all'assessore all'Ambiente Toto Cordaro per sbloccare la pratica, il cui esame è condiviso dai due assessorati: «Volevo togliermi Arata dalle scatole - ha detto Pierobon - ma non sono il cameriere di nessuno. Rispondo a tutti, forse sono troppo gentile. Ma non ho mai fatto pressioni né orientato gli uffici per un sì o un no».