La situazione al canile comunale di Marsala è drammatica, l’allarme era stato lanciato mesi fa dalle associazioni animaliste, il sovraffollamento e nessuna politica di sensibilizzazione alle adozioni ha portato alla chiusura preventiva della struttura. Possono essere ospitati non più di 190 cani, al momento ce ne sono poco meno di 300.
I recinti sono affollati, i box non sono delle suite, con il cemento freddo in inverno e rovente in estate. C’è ruggine sulle ringhiere, le ciotole di acqua non pulite bene, ricettacolo di germi. Nessuna cura del verde pubblico, l’area sgambettamento è sprovvista di prato, i cani corrono, quando i volontari decidono e possono dedicarsi a loro, su zolle di terra.
Manca la pulizia straordinaria, sono stati avvistati topi, la cella di conservazione delle carcasse è un vecchio e arrugginito bancone da surgelati.
Annosa la questione della mancanza di acqua, le rotture al motore non si contano più, si sopperisce con delle autobotti.
Grave e permanente crisi, nulla è cambiato. La struttura è pure poco visitata dalle istituzioni, le associazioni animaliste lo dicono chiaramente e anche con rabbia e delusione: “L’assessore Annamaria Angileri non è mai venuta qui”.
Domenica scorsa l’ennesima emergenza da fronteggiare, perché nonostante l’estate piena ci sono volontari, come l’associazione Oipa, Randagi del Sud ed Enpa, che si recano in canile per accudire i cani, farli giocare, curarli, sacrificando il proprio tempo. Mancava nuovamente l’acqua.
Ad arrivare in struttura sono stati Enzo Sturiano, presidente del consiglio, e Flavio Coppola, consigliere comunale. Entrambi affronteranno in aula le varie criticità, peraltro il bilancio appena approvato ha stanziato la somma di 50 mila euro per il canile non indicando, però, a cosa saranno destinati.
A volere l’ampliamento della struttura fu il sindaco Renzo Carini che nel 2011 consegnò alla città una gioiello per il benessere animale, con il verde curato, un rifugio sanitario che nel meridione d’Italia si distingueva da altri canili lager.
Oggi si raccontano scenari tristi di un posto che nessun cittadino visita, con gli animali lasciati al loro destino, molti dei quali non vedranno nulla oltre le grate di un box, lì vi rimarranno fino all’ultimo dei sospiri.
La vita dei cuccioli, poi, è a rischio. Una volta entrati la parvovirosi non lascia scampo a moltissimi di loro, una sala operatoria e di sterilizzazione che viene poco utilizzata per mancanza di altra strumentistica o del personale.
Gli sforzi che i volontari fanno non possono bastare a fronteggiare il fenomeno del randagismo, divenuto una piaga sociale, se non ci sono delle chiare e forti prese di posizione in favore di politiche di adozione e di sensibilizzazione al non abbandono. Nessun manuale, solo buonsenso oltre che a buon cuore.