Riforma o meno della sanità siciliana, che siano ospedali di primo o secondo livello, non è cambiato molto quello che vivono gli utenti che si rivolgono per necessità alle cure di una struttura sanitaria pubblica, con disagi nei pronto soccorso e nelle corsie.
L’ospedale “Paolo Borsellino” di Marsala è, ad esempio, al centro delle denunce di diversi utenti, che si lamentano delle lunghe attese e i disagi che si provano, proprio al pronto soccorso, dove vi è carenza di personale medico e infermieristico ma anche in alcuni reparti. Proprio due giorni fa abbiamo pubblicato lo sfogo di Giuseppe che ha espresso il suo stato d’animo di “cittadino amareggiato e deluso da politicanti inerti, assopiti, relegati in un letargo senza fine, e sconcertato da come tutti noi assistiamo apatici e inermi a disservizi al limite del grottesco, del tragicomico!”
Avere la necessità di “rivolgersi” all’ospedale marsalese – ha scritto Giuseppe - è la peggiore malattia che ti possa capitare, entrare in quel pronto soccorso è la morte della dignità umana. È così, senza se e senza ma. Non ci sono indulgenze, non ci sono simpatie politiche che tengano, non ci sono scuse; ci sono solo poveri cristi inchiodati alla propria condizione di malati di serie B. È un’indecenza, è un’ingiustizia. È uno schifo!”.
Giuseppe ha concluso il suo intervento con un appello all’assessore regionale alla Sanità ad andare lì, dove ci sono le code, dove ci sono medici sgarbati e superficiali, dove la burocrazia fa ammalare ancor più della malattia stessa.
Oggi, invece, raccogliamo e diamo voce alla nostra lettrice Tiziana e alla sua esperienza vissuta all’ospedale di Marsala. Tiziana è mamma di una ragazzina di sedici anni. La figlia, lo scorso 3 agosto sta male, ha un forte mal di pancia e vomito e con il marito la portano al pronto soccorso, dove, solo dopo un'ora e mezza un infermiere, senza che il medico di turno la visitasse, le ha messo una flebo. Il medico, infatti, era impegnato in un codice rosso.
La ragazza non è più in età pediatrica e allora viene sistemata in una stanza del pronto soccorso. “Vedevo che arrivava molta gente con problematiche gravi - racconta Tiziana - ho chiamato un infermiere e gli ho detto se la potevano ricoverare e come risposta mi sento dire: “signora non c'è posto in medicina, quindi sua figlia deve rimanere qua”. Dopo ore d'attesa finalmente arriva il medico e sempre senza visitarla mi dice che spostano mia figlia in un'altra stanza. Questa volta la sistemano in un locale usato come ufficio. Mia figlia passa la notte lì, su una barella – continua il suo racconto -. La mattina dopo continua a stare male, un'infermiera le toglie la flebo ed io le chiedo come mai, mi dice che è un ordine del medico. Vado dal medico, arrabbiata, e dico che non è giusto che mia figlia venga trattata così. Mi risponde che se voglio che mia figlia venga portata in medicina deve stare in barella perché non ci sono letti liberi. Vedendo mia figlia stare male, ingenuamente ho accettato, ma mai mi sarei immaginata dove stavano portando mia figlia. Saliamo su al quarto piano e mi ritrovo in una stanza con quattro persone anziane, una più grave dell'altra, vedo mia figlia piangere per la situazione vado a parlare con gli infermieri e gli ausiliari del reparto che anche loro sono stupiti del fatto che una ragazzina di sedici anni si trovasse lì. Dopo aver chiamato il medico di turno e mobilitando tutti riescono a metterla in una stanza con un anziano, però divisa da un separé. Devo proprio ring raziare queste persone del reparto di medicina, che hanno fatto tanto per mia figlia e grazie al medico del reparto che, a causa dei forti dolori, le ha fatto fare una ecografia che ha permesso di scoprire una ciste ovarica. A quel punto l'hanno trasferita in ginecologia, dove, devo dire, è stata trattata benissimo”.
Una esperienza quella della signora Tiziana e della propria figlia che, ha dunque un doppio risvolto, da un lato l’inefficienza del nostro pronto soccorso, con pochi medici che non riescono a svolgere bene il loro lavoro e assistere tutti i pazienti in un tempo ragionevole e che in un grande ospedale come il “Paolo Borsellino” non ci sia una stanza per il ricovero esclusivo dei ragazzini. Dall’altro, la professionalità, il garbo e l’umanità di medici e infermieri che, invece, ha riscontrato nei due reparti dove la figlia è stata ricoverata. Luci e ombre di una struttura sanitaria che deve ancora migliorare tanto per venire incontro ai cittadini e per raggiungere standard di efficienza europei.